SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il gene della religiosità non esiste. Nel senso che nessun genetista lo ha individuato. Tuttavia le statistiche effettuate da World Values Survey dal 1981 al 2004 in 82 Paesi evidenziano come gli adulti che dichiarano di aver partecipato alle funzioni religiose più di una volta per settimana abbiano una media di 2,5 figli, quelli che dichiarano di aver partecipato solo una volta al mese ne abbiano due e quelli che invece dichiarano di non aver mai preso parte alle funzioni abbiano mediamente 1,67 figli a testa.

Ora, Robert Rowthorn, professore emerito presso la facoltà di Economia dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, ha pubblicato lo scorso 7 gennaio uno studio dal titolo Religione, fertilità e geni: un doppio modello di ereditarietà che è rintracciabile nelle pagine di Proceedings B, autorevole rivista di biologia edita dalla Royal Society Publishing.

La tesi sostenuta dal matematico ed economista inglese presuppone l’esistenza di tale gene della religiosità e costruisce, attraverso formule matematiche, un modello di evoluzione della specie umana che tratteggia un possibile futuro scenario nel quale le persone religiose costituirebbero la quasi totalità della popolazione mondiale.

La ricerca prende in considerazione la comunità Amish che negli Stati Uniti d’America, negli ultimi vent’anni, è raddoppiata passando da 123mila individui nel 1981 a 249mila nel 2010. Secondo il professore l’altissimo tasso di fertilità sembrerebbe trovare giustificazione nella cultura religiosa dei soggetti Amish anche considerando le cosiddette defezioni delle nuove generazioni, cioè la percentuale dei matrimoni con soggetti al di fuori della comunità e la percentuale di quanti di fatto non seguono la religione dei genitori. Il fenomeno potrebbe essere spiegato come la risultanza di influenze a carattere culturale come conservatorismo, obbedienza all’autorità e la tendenza a seguire i rituali.

Le conclusioni dello studio porterebbero a dire che maggiore è l’ortodossia nella religione, maggiore il numero di figli per coppia: i soggetti presi in considerazione procreano fino a quattro volte di più rispetto alla media di quanti non si professano religiosi. Cosa che risulterebbe alquanto strana visto che, secondo altre statistiche, nel mondo la maggior parte delle persone (84% circa) aderirebbe già ad una qualche religione.

Tra l’altro, aggiungerei, attribuire alla religiosità (e di conseguenza all’alto tasso di procreazione) un fondamento nella genetica, per di più senza una qualche evidenza scientifica, potrebbe causare delle derive pericolose facilmente immaginabili.