SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il modo di parlare a proposito di Dio e della fede è cambiato nel corso dei secoli e sta ancora cambiando nella terminologia, nelle forme di espressione, nella percezione della gente. La tecnologia permea la vita delle persone nel mondo occidentale così da diventare un presupposto, qualcosa di sottinteso anche nella maniera di relazionarsi con gli altri.

Questo ha fatto sì che la terminologia utilizzata nella vita di tutti i giorni subisse un inevitabile cambiamento arricchendosi di parole e concetti mutuati dal lessico tecnico, informatico e di Internet. Quindi nella riflessione di Antonio Spadaro, gesuita professore presso la Pontificia Università Gregoriana, “la Rete è una realtà che sempre più interessa l’esistenza di un credente e incide sulla sua capacità di comprensione della realtà e, dunque, anche della sua fede e del suo modo di viverla”. Questo scrive in un articolo apparso lo scorso primo gennaio nella più antica delle riviste italiane ancora attive, La civiltà cattolica, intitolato Verso una cyberteologia?, una razionale trattazione di un fenomeno che comincia ad essere identificato da studiosi di ogni parte del mondo.

Infatti sebbene la Chiesa cattolica abbia notato da tempo (da oltre venticinque anni) “la crescente interazione tra tecnologia ed elettronica nella direzione di un nuovo ordine mondiale della comunicazione” e gli studiosi abbiano scritto molto sul tema del rapporto tra fede e tecnologia, tuttavia è abbastanza recente la comparsa del termine cyberteologia legato al concetto di cyberspazio, cioè quello “spazio di comunicazione aperto dall’interconnessione mondiale dei computer e delle memorie informatiche”.

Spadaro si sofferma anche sui significati dei termini salvare, convertire, giustificare richiamando dei paralleli in senso teologico individuati da altri studiosi come Richard Rouse, Bruno Forte, Michael Fuller e Pierre Lévy. “Potenti metafore che lavorano sull’immaginario”, cioè ad esempio l’azione di salvare un documento di testo significa salvarlo dall’eliminazione e il termine avrebbe una corrispondenza, in senso teologico, con la salvezza dalla dannazione. Stesso ragionamento per la conversione: convertire un file significa tradurlo in altro formato e questo avrebbe una corrispondenza, in senso teologico, con la redenzione dall’incomunicabilità.

Dunque la domanda alla quale la cyberteologia tenta di dare una risposta è: “Se i media elettronici e le tecnologie digitali modificano il modo di comunicare e persino quello di pensare, quale impatto avranno sul modo di fare teologia?” Alcuni studiosi tentano di soddisfare la domanda attraverso monografie e siti web. Si segnalano fra questi ultimi www.cyberteologia.it curato dallo stesso Antonio Spadaro e www.cybertheology.net della teologa inglese Debbie Herring. Tra i testi invece: Incantati nella rete di Carlo Formenti e il fascicolo monografico della rivista Concilium del 2005 dal titolo Cyber-spazio, cyber-etica, cyber-teologia scritto da Hille Haker, Erik Borgmann Stephan van Erp. Padre Spadaro anima il dibattito anche su twitter e su facebook.

Siamo testimoni della nascita di una nuova scienza.