SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il Nobel per ora aspetta perché nessuno lo sa, se sia vero oppure no che ci sia stata fusione a freddo. Intanto, stando alle dichiarazioni di Andrea Rossi, ingegnere della Leonardo Corporation (Usa) e Sergio Focardi, professore emerito di Fisica presso l’Università di Bologna, rilasciate lo scorso 14 gennaio, la fusione nucleare fredda sarebbe già una concreta realtà. Durante l’esperimento effettuato alla presenza di professori, esperti e giornalisti è stato constatato come il reattore costruito produca energia in quantità rilevante.
Rossi e Focardi dichiarano che quando gli atomi di nichel e idrogeno si fondono nel loro reattore, producono rame e moltissima energia. Si tratta di un reattore che utilizzerebbe meno di un grammo di idrogeno con un assorbimento iniziale di un chilowatt di potenza elettrica e, dopo qualche minuto di funzionamento, solo quattrocento. Ogni minuto la reazione riesce a trasformare 292 grammi di acqua a 20 gradi centigradi in vapore secco a 101 gradi. Questo porterebbe a calcolare una potenza di oltre 12 chilowatt, cioè fino a trenta volte circa l’elettricità impiegata per il funzionamento. Il costo dell’energia stimato è meno di un centesimo per chilowattora.
Sembra che il documento che descrive il processo non sia stato accettato dalle riviste scientifiche per una non esauriente spiegazione sulla teoria scientifica sottesa al funzionamento del reattore per il quale però sarebbe stato richiesto, da parte della moglie di Andrea Rossi, l’inventore, il brevetto. Questa sarebbe una delle motivazioni addotte dagli scienziati per giustificare la segretezza della macchina che, perciò non viene sottoposta all’esame di altri ricercatori.
Tra questi ultimi Antonio Zoccoli, fisico presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare, presente all’esperimento pubblico della scorsa settimana, ha dichiarato alla rivista Galileo: “C’è stata una dimostrazione – relativamente breve, per la verità, una mezz’ora in tutto – in cui gli autori hanno presentato una macchina che in teoria produce energia in quantità rilevante. L’apparecchio è stato alimentato con un chilowatt circa di energia, ottenendone 15 volte tanto, il che è effettivamente una produzione notevole. Ma il risultato deve essere riproducibile. Gli autori dicono che l’intenzione di fare ulteriori misure e verifiche c’è. Ma non hanno specificato né il come, né il quando”.
Circa poi la domanda che tutti si pongono, cioè se si tratti realmente di fusione nucleare, Zoccoli aggiunge: “Il problema è che anche gli autori non hanno saputo indicare con certezza l’origine dell’energia prodotta dalla macchina. Tuttavia, se si trattasse di un fenomeno di fusione, dovrebbe esserci, in teoria, emissione di fotoni, sotto forma di raggi gamma. E questo durante la dimostrazione non è avvenuto: i nostri strumenti di rilevazione non hanno registrato nessuna emissione. Ovviamente, anche questo nostro esperimento andrebbe ripetuto più volte, perché può essere condizionato da diversi fattori”.
Rossi dichiara che la macchina avrà un costo di 2mila euro per chilowatt e funzionerà con appena un grammo di nichel ma richiede comunque personale qualificato per andare in esercizio e che dunque sarà dapprima disponibile solo per impieghi industriali. Si prevede in un prossimo futuro anche una diffusione per le esigenze delle nostre case.
Lascia un commento
In molti laboratori Italiani (dall’Enea di Frascati, a quelli di via Ampere a città studi a Milano) sono stati raggiunti molti risultati interessanti (docuementati anche da una puntata di Report: http://www.youtube.com/watch?v=yINDe8OqG0g)
C’è da chiedersi perchè ancora si preferisca la via della fusione calda o peggio del nucleare….
Erroneamente ho detto nucleare, in realtà intendevo fissione nucleare.
Alessandro, sono decenni che si parla di fusione (calda o fredda) e ciclicamente escono gruppi di ricercatori che annunciano nuove scoperte, nuovi brevetti, ecc, ecc e grazie a ciò ottengono finanziamenti per continuare i loro studi…. Ecco, ale, quest’ultima cosa deve far riflettere, forse li sta il nocciolo della questione…
sicuramente spesso i ricercatori fanno anche marketing per vincere i Grant di ricerca ma se non si sovvenziona la ricerca forse eravamo ancora con la luce delle candele.
L’innovazione va finanziata con un’ottica di portafoglio: finanziare 10 iniziative diverse di cui 7 andranno male 2così così e 1 in grado di ripagare quelle 7 andate male.
Son d’accordo con te, la ricerca va finanziata con soldi pubblici. Il mio non era un discorso generale, ma riferito specificatamente alla fusione nucleare. Avendo seguito la vicenda dagli anni universitari (secolo scorso oramai) in poi, sono giunto alla personale convinzione che se si finanziano 10 iniziative diverse di fusione nucleare, 10 andranno male. Io quei stessi soldi li impiegherei per finanziare ricerche sul fotovoltaico tese ad un miglioramento di rendimento ed economicità.
secondo me è molto più utile finanziare la ricerca ai privati che sicuramente non sprecano risorse per studiare qualcosa di inutile come spesso fanno le università che per ricevere finanziamenti e dare lavoro a qualche amico o parente di un professore fanno ricerche fini a se stesse.
La ricerca ai privati ha come fine il profitto, quella al pubblico “dovrebbe” avere come fine la conoscenza e il benessere generale.
Sicuramente i petrolieri non avrebbero nessun motivo per investire sulla fusione nucleare e nemmeno quelli che fanno le centrali nucleari, visto che le centrali che producono diventerebbero superate, quindi, in teoria, la ricerca pubblica deve tendere a questi obiettivi. Che poi vengano spesi male i soldi, in alcuni posti, è un altro discorso!
Ogni innovazione porta profitto a chi la utilizza e danno a chi vede il proprio prodotto diventare obsoleto, penso che aiutare le aziende a innovare i propri prodotti o a invetarne di nuovi all’interno di una logica aziendale sia molto più conveniente per tutti invece di sprecare risorse con chi non ha un obbiettivo reale come dimostrano i molti brevetti depositati dalle università e resi nulli in quanto non hanno nessun tipo di applicabilità industriale. Poi come già accade per le poche aziende che hanno le risorse economiche per autofinaziarsi la ricerca e lo sviluppo sono loro stesse a pagare… Leggi il resto »
A mio avviso, la ricerca pubblica è la ricerca di “base” che ha una prospettiva di medio-lungo termine e non è in generale conveniente per i privati (concordo con robbenson). La ricerca in cui dovrebbero essere coinvolti i privati è la ricerca “industriale” mirata sopratutto a migliorare le tecnologie ed i processi attualmente da loro usati ed ha una prospettiva di breve-medio termine (concordo con Stefano82).
E’ indispensabile un buon bilanciamento dei due tipi di ricerca.