Sospeso, anzi soppresso. Dopo appena due puntate, pochissimo pubblico al seguito ed innumerevoli momenti trash. “Stasera che sera” non fa più parte del palinsesto di Canale 5 perché – parafrasando le dichiarazioni del direttore generale dell’informazione Mediaset Mauro Crippa – “quando un esperimento non riesce è onesto interromperlo senza cercare scuse”.

Ma cosa è stato precisamente il talk di Barbara D’Urso? Semplicemente tutto quello che un programma televisivo non dovrebbe essere. A partire dal vuoto, di idee e contenuti che hanno di conseguenza provocato l’assoluta mancanza di identità ed obiettivi. “Stasera che sera” era tre ore e mezzo di inconcepibile mediocrità in cui tutto scorreva senza una logica credibile.

Già il risultato della puntata d’esordio era stato disastroso, con appena il 12,7% di share. Non era bastato nemmeno intervistare Checco Zalone, fenomeno cinematografico del momento (parso in evidente ed inaspettato imbarazzo), né tantomeno riproporre ai telespettatori del prime time Aldo Busi, accompagnato dal suo stantio bagaglio di banalità, pretestuose polemiche e continue volgarità.

Il secondo appuntamento è andato addirittura peggio con la percentuale d’ascolto scesa all’11,5 ed un format completamente stravolto. Sulla scia della disperazione, dettata dal caos e dallo sconclusionamento degli autori, la D’Urso ha tentato la via letteraria, imbarbarendo intellettuali di spicco come Mauro Corona, Chiara Gamberale, Fulvio Abbate ed Antonio Pennacchi (ai quali andrebbe piuttosto chiesto il motivo di tale suicidio). Quest’ultimo, ispirandosi al peggior Zequila, stava persino per venire alle mani con quel Gianluca Bonanno, sindaco nordista (e leghista) di Varallo Sesia, tanto caro a Barbarella nostra.

Il pubblico però non c’è stato, s’è ribellato. Ha avuto il buongusto di scegliere altro in una serata, quella domenicale, che generalmente non spicca (calcio a parte) per offerte interessanti. Alla faccia di chi lo considera depensante, appiattito e cadaverico dinanzi al piccolo schermo.

E tra eventi improvvisati sul momento e buchi riempiti con terribile affanno, abbiamo evitato ogni riferimento alla contestata e sofferente ospitata di Francesco Nuti. In fondo anche il sottoscritto nutre un senso di pietà. Verso Nuti, ma soprattutto verso la D’Urso.