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Quando in Italia parliamo di fuga di cervelli all’estero, il pensiero comune va agli scienziati, ai ricercatori, ai medici. Difficilmente immaginiamo che questo fenomeno possa riguardare anche i musicisti, vista la congerie di programmi musicali o pseudo tali che affolla le emittenti private e non.

Tra coloro i quali, ogni anno, scelgono di seguire la via dell’espatrio per la terra delle possibilità, l’America, vi è il concittadino sambenedettese Luigi Pulcini, pianista e compositore di 37 anni, che ha scelto Los Angeles come trampolino di lancio per il suo sogno: scrivere musica per film.

Come sei arrivato alla Composizione, una branca della musica così difficile ed impegnativa?

Dopo aver iniziato lo studio del pianoforte da giovanissimo e aver proseguito fino al Liceo, ho dovuto affrontare una scelta quasi imposta dai miei genitori che vedevano nella carriera artistica un’opzione poco utile alla mia realizzazione professionale: da qui la mia laurea in Ingegneria. Ma partiture e fogli pentagrammati erano sempre sul tavolo accanto ai libri di analisi e di informatica, così affiancai di nascosto lo studio della composizione al Conservatorio “Pergolesi” di Fermo prima e al “Santa Cecilia” di Roma poi. Oggi devo ringraziare i consigli di allora, perché come compositore-ingegnere ho una preparazione più completa in un settore fortemente penetrato dall’informatica.

Come mai hai scelto proprio la strada della composizione per le colonne sonore?

La composizione non è solo un’arte. È una scienza, “la scienza delle emozioni”. La pensavano così anche gli antichi Greci che consideravano astronomia e musica due scienze antitetiche, delle quali la prima studia le cose visibili e lontane, mentre la seconda quelle invisibili e dentro di noi. Io sono affascinato dal potere che la musica ha nel suggestionare lo spettatore che assiste a un film, uno spettacolo teatrale o una galleria d’arte. La musica può assecondare le sue emozioni o ingannarne le aspettative: in particolare nel cinema, è l’unica componente capace di raccontare ciò che sarebbe impossibile esprimere con le parole.

E’ difficile qui in Italia, e nello specifico a San Benedetto, trovare stimoli e opportunità in tale direzione?

L’Italia è un paese straordinariamente ricco di cultura, ma nel settore musicale cinematografico – se si escludono casi isolati di eccellenza, come quello del maestro Morricone – è rimasto indietro rispetto a troppi altri paesi. Basti considerare che nei conservatori, fino a qualche anno fa, chi componeva musica per film doveva tenerlo nascosto, come un “carbonaro”. Ed è chiaro che, laddove non c’è formazione, non può esserci cultura, né qualità. Le cose ora stanno decisamente migliorando, ma siamo ancora lontani da alcuni modelli europei e americani.

Oltre a ciò non si può non rilevare un atteggiamento piuttosto diffuso, soprattutto nelle realtà locali come San Benedetto, di vedere in un artista un disoccupato in attesa di un “lavoro serio”.

Cosa ti ha portato a scegliere la California per tentare l’inserimento lavorativo?

Si può fare il mio mestiere in qualsiasi parte del mondo, ma se si vogliono raggiungere certi obiettivi, lo si può fare solo a Hollywood. La cosa che mi ha sorpreso di più è l’entusiasmo che tutti dimostrano nei confronti delle mie competenze. Aver bussato a centinaia di porte qui in Italia ricevendo solo una manciata di risposte molto evasive – il classico “le faremo sapere” – mi stava convincendo di non avere il talento necessario. Considerando invece che a Los Angeles sono stato appena selezionato, unico italiano, per un esclusivo programma di formazione riservato a 8 compositori scelti tra candidati da qualsiasi parte del mondo e organizzato dalla Society of Composers and Lyricists, la più prestigiosa associazione di compositori di Hollywood, verrebbe da affermare il contrario.

Progetti e lavori futuri?

Sto lavorando con il compositore Christopher Young, proseguendo una collaborazione partita nel 2008 dal film “Drag me to hell” di Sam Raimi, il regista di “Spiderman”.

Poi mi sto dedicando al programma della SCL, che durerà fino a dicembre e attraverso il quale sto entrando nel vivo delle produzioni hollywoodiane: nelle prossime due settimane sarò al fianco del compositore Alf Clausen per la registrazione della colonna sonora della serie animata “The Simpsons” negli studi della 20th Century Fox.

Immagini possa essere fattibile un rientro lavorativo in Italia nel futuro?

I contatti con l’Italia sono sempre attivi: con alcune collaborazioni sul territorio nazionale, una delle quali con una emergente produzione cinematografica di San Benedetto.

Per il momento, però, preferisco proseguire la mia esperienza qui a Los Angeles, dove in meno di un anno ho realizzato quello che in Italia mi avrebbe richiesto una vita.

Pensi ci possano essere margini di miglioramento alla situazione musicale italiana attuale?

Si dovrebbe tornare a considerare la musica, il cinema e la cultura in generale come delle attività imprenditoriali: quando un produttore investe in prima persona, non può permettersi che un lavoro non riscuota il consenso del pubblico. Oggi capita spesso che un film arrivi nelle sale con il bilancio già in attivo, magari grazie a dei finanziamenti pubblici. Così, per assurdo, quello che vuole essere un incentivo per aumentare la produzione, finisce per diventare un disincentivo alla qualità.