ASCOLI PICENO – «Una città che ha mantenuto il suo sapore» commenta l’elegante e solare Enrica Bonaccorti, non alla sua prima visita alla città di Ascoli.
La scrittrice ha avuto modo di rivisitare il capolugogo piceno ieri 20 luglio, grazie alla tournee per la presentazione del suo secondo romanzo, “L’uomo immobile”, edito Marsilio. 

Nello scenario dello storico Caffè Meletti infatti, alla presenza dell’assessore alla cultura Davide Aliberti e dell’assessore alle politiche sociali Donatella Ferretti, la Bonaccorti ha parlato del tema narrativo del suo secondo lavoro, che lei stessa tiene a considerare  «forte ma non cupo». Il libro è ispirato a un fatto vero di un caso di “knocking in” ossia letteralmente di “chiusura dentro” raccontatole da uno zio primario di neurologia, direttore scientifico di un istituto di studi sul coma.

«Circa dieci anni fa scrissi un breve racconto – commenta Enrica –  che invece ho voluto sviluppare e approfondire ora nel “l’uomo immobile”, per dare  un’inaspettata fonte di conoscenza su un tema così attuale e così controverso, come quello dell’eutanasia».

Il romanzo infatti, è stato scritto e pubblicato in un periodo storico molto particolare, «quando impazzava il caso Eluana Englaro, che gli organi di informazione e la politica hanno strumentalizzato», e quando il film di Julian Schnabel “Lo scafandro e la farfalla”, tratto dall’omonimo romanzo di Jean-Dominique Bauby , vinse la Palma d’oro a Cannes e due Golden Globe, trattando un tema molto similare a quello della Bonaccorti.

«Anche in questo caso, come in quello magistralmente biografico di Bauby, la trama del racconto – spiega la Bonaccorti –  non è una sentenza o uno schierarsi a favore o contro l’eutanasia , ma semplicemente un far comprendere che “l’assenza dell’evidenza non è l’evidenza dell’assenza”».

L’intento narrativo della gentilissima Enrica però, è fondamentalmente quello di coniugare le emozioni con le informazioni, alcune forse sorprendenti, ma tutte verificabili: i rimandi scientifici che si possono trovare  nelle pagine del romanzo,  sono stati vagliati da esperti clinici del settore, «e – come dice la scrittrice – spesso sono informazioni che noi non conosciamo, come ad esempio, che il periodo di durata massima del coma è di quattro, massimo cinque settimane».

«Il protagonista è immobile, ma questo è un romanzo pieno di vita, quella che sta per nascere, quella che agita i pensieri di chi sembra non poter pensare. Quella dell’immobilità purtroppo non è solo una metafora».

“L’uomo immobile” quindi, è una storia d’amore tra la vita e la morte. E su quest’ultimo concetto, la signora Enrica si è soffermata, confidando ai giornalisti presenti la rassegnazione alla quale è dovuta giungere, nell’accettare la scomparsa di molti compagni di vita artisitca e professionale. Un pensiero, particolare, infatti, è stato rivolto al grande giornalista Mino D’Amato, venuto a mancare proprio lo scorso 16 luglio, dopo una lunga malattia.