Premetto che su molti concetti espressi nella lettera inviatami dal saggio Mignini non sono d’accordo ma preferisco non esprimere in questo contesto le mie motivazioni. L’argomento, visti i precedenti commenti, stuzzica ed essendo il “mondiale” ancora in corso, credo che i pensieri (fra i quali molti sono disappunti) dello storico scrittore monsampolese meritino l’attenzione dei lettori di Rivieraoggi.it.

Vi prego caldamente di pubblicare il mio articolo. Sono solo mie opinioni che riguardano la disfatta della nostra nazionale di calcio ai campionati del mondo. Ti ringrazio e ti saluto.

Caro direttore,

in questi giorni ho letto sui vari quotidiani le aspre ed infuocate polemiche per la “Caporetto” della nostra squadra al campionato mondiale di calcio. Non era mai accaduto che la nazionale avesse toccato il fondo. La disfatta del Sudafrica è uno schiaffo al mondo del calcio italiano sempre più in crisi d’identità. Una squadra umiliata ed eliminata. Fuori senza vittorie per la prima volta nella storia dei mondiali.

Non sono un malato di calciomania, ma sono amareggiato solo per lo spirito patriottico, che mi anima. Che tristezza vedere i campioni del mondo 2006, prigionieri di un presente, che hanno il sapore e lo spessore di una condanna inappellabile. Sono tornati a casa a testa bassa, trascinati in un gorgo senza appigli. Sono scivolati in una discesa senza eguali agli inferi del calcio. Lo sport italiano più popolare non è più competitivo e si deve – a mio avviso – curare il vivaio dei giovani e non ingaggiare gli stranieri, che le società blasonate vanno a prendere in Africa o in Sudamerica per poi distribuirli alla perfezione fra tutte le squadre italiane e mandarli poi a far bella figura ai mondiali con le compagini delle loro nazioni.

Come del resto è stato capace il supermiliardario petroliere Moratti di assoldare tutti stranieri, facendo della sua Inter una squadra di mercenari. Finalmente questi grandi idoli delle masse dei super tifosi, che si atteggiano ad icone, sono scesi dal loro piedistallo di superbia, facendo il “mea culpa”. Ho apprezzato le auto critiche di alcuni calciatori: “Siamo i cavalieri della vergogna!”, “Qui serve un cambio culturale”, e dell’allenatore, coerente nella sua scabrosità e nel suo egocentrismo: “Mi assumo tutta la responsabilità”. Nessuno, però, ha parlato dei loro stipendi da nababbo.

Ha perfettamente ragione il ministro Roberto Calderoli, cui ho inviato una lettera di assenso, per la sua giusta proposta di invitare i clubs e la FIGC, dimezzando gli ingaggi, a partecipare ai sacrifici di tutti gli italiani di fronte alla grave crisi economica, che attanaglia la nostra nazione. Questo tasto non verrà mai toccato e la voce del ministro si perderà, “more solito”, nello sconfinato deserto. La sconfitta sarà solo un triste ricordo da archiviare, mentre domani allenatore e giocatori partiranno con i loro favolosi “yacht” per le vacanze nei più lussuosi alberghi delle rinomate spiagge del mondo.

Essi, invece, dovrebbero ricordare i campioni del 1934 e 1938, che disputarono le gare con lo spirito di Olimpia, e, soprattutto, volgere lo sguardo verso gli indigenti bambini di Haiti, che vivono nella più atroce sofferenza e miseria. Dovrebbero, infine, far tesoro di quanto disse, già nel 149 a.C., lo scrittore Catone il censore: “Spero che il mondo sportivo si risvegli dalla sbornia del facile denaro. E si ricordi quali sono i veri valori della vita”. E gli antichi latini erano di una saggezza indescrivibile. Più umiltà, dunque, e fatti concreti; altro che saper tirare quattro calci a una palla rotonda ed essere pagati e stipendiati a prezzo d’oro. Non c’è, purtroppo, una malattia più grave dell’indigestione dei quattrini.

Filippo Mignini