SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ci volevano i rincari autostradali per mettere, una volta tanto, d’accordo destra e sinistra. E così dopo che Gianni Alemanno ha provocatoriamente annunciato di voler sfondare il casello nel caso in cui il Grande Raccordo Anulare divenisse a pagamento, è la volta di Paolo Canducci, assessore sambenedettese, preoccupato per la nuova tassa che i cittadini saranno costretti a sborsare.

«Presto parlerò col sindaco – dichiara l’assessore all’Ambiente dei “Verdi”, supportato dal collega di partito Andrea Marinucci – e gli chiederò se è possibile lanciare un ricorso contro la normativa assieme ad altri enti. Tale decisione colpirà, come sempre, i ceti più deboli che si vedono mettere le mani in tasca dallo Stato, cosa che Berlusconi aveva negato ripetutamente».

Ma la sua preoccupazione è ovviamente anche ambientale: «Il tratto Grottammare-San Benedetto rappresentava una sorta di bretella, con la quale si “bypassava” il centro della città. La mia paura è che un automobilista vessato, pur di risparmiare, decida di re intasare le strade comunali».

FEDERALISMO DEMANIALE «La normativa del Governo lascia troppa discrezionalità alle amministrazioni», ha infine ammonito Canducci sulla legge che trasferisce ai Comuni i beni del demanio. «Viene autorizzata una vera e propria speculazione edilizia, dato che i beni possono essere venduti senza alcun vincolo, anche con una variante urbanistica. Noi non abbiamo alcuna intenzione di farne un uso distorto, ma il mandato finirà nel 2011, e il problema si porrà con chi verrà dopo che potrebbe mettere in vendita delle aree importanti per la città, come ad esempio l’area Maggioni».

Nei giorni scorsi sullo stesso tema si era espresso il consigliere regionale dei Verdi, Adriano Cardogna. «Lo hanno chiamato federalismo demaniale ma altro non è che la svendita del Belpaese, perché tutti i beni dello Stato (e quindi di tutti i cittadini) a causa di questo provvedimento, perderanno la loro caratteristica principale: l’inalienabilità. Con la motivazione di cedere ai Comuni la gestione dei beni e appianare così, in questo grave periodo di crisi, la disastrosa situazione delle casse degli enti locali – aggiunge Cardogna – si cerca solo di coprire e giustificare i mancati trasferimenti da parte dello Stato. In questo modo si correrà solamente il rischio di favorire le speculazioni, perché, ad esempio, con piccole varianti urbanistiche, i “nostri beni” potrebbero anche essere destinati a costruzioni edilizie. A questo si aggiunge poi il problema dell’iniqua divisione territoriale degli stessi beni: ad esempio ne sono stati schedati circa 700 nel Lazio, 800 in Lombardia, 270 in Abruzzo, mentre nelle Marche sono circa 300».