SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 27 giugno ha bloccato gli autobus alle porte della stazione ferroviaria in segno di protesta. Non è stato il gesto di un folle ma la semplice ribellione di un giovane disabile. «Sono stanco di vedermi negare l’accesso ai servizi pubblici in quanto mancherebbero le cosiddette rampe d’accesso per le carrozzine. Io ho diritto come tutti gli altri cittadini a salire e muovermi autonomamente per la città e ora non mi muovo di qui fino a quando non mi date risposte». Queste le parole di Giuseppe Greco, autore della protesta che ha paralizzato il pomeriggio sambenedettese scomodando, si fa per dire, il presidente della società Start, Arrigo Silvestri e il sindaco Giovanni Gaspari.Alle cinque del pomeriggio Giuseppe si è presentato davanti la stazione ferroviaria accompagnato da un gruppo di amici e sostenitori tra i quali il presidente dell’associazione familiari e vittime della strada, Jonni Perozzi. Il suo intento, quello di dimostrare che i mezzi pubblici non sono alla portata di tutti i cittadini in quanto privi di pedana per la risalita delle carrozzine per disabili.

Ha bloccato quei pullman per circa un’ora e l’ha fatto perché voleva rivendicare un diritto appartenente a tutti i disabili della città che costretti a rinunciare alla propria libertà di movimento per una volta tanto hanno riconsegnato al mittente il senso di disagio e impotenza che spesso li cattura quando vengono “rimbalzati” alle porte di un bus.

Ha fermato la sua carrozzina davanti gli occhi increduli di autisti, vigili e passanti ed ha atteso fino a quando il presidente della Start, Arrigo Silvestri e il primo cittadino sono arrivati per spiegare logica e senso di questa mancanza.

Un lungo dibattito quello tra i diversamente abili e gli abili amministratori ai quali è stata strappata una sorta di promessa dopo mille parole (fra poco in un filmato che allegheremo al presente articolo): organizzare un tavolo di concertazione per discutere seriamente del problema barriere architettoniche.

«Giuseppe Greco ha ottenuto una promessa ma solo dopo aver manifestato un proprio diritto ricorrendo all’umiliazione» ha ribadito Jonni Perozzi al termine della protesta, «questo non è moralmente accettabile in una società che millanta parità ed uguaglianza».