SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sudafrica, è giunta l’ora. Partirà oggi alle 16, con il match inaugurale tra i padroni di casa ed il Messico, la diciannovesima edizione del torneo intercontinentale per nazioni, che per la prima volta si disputerà nella “terra dei capi”.

Un Mondiale “enigmatico, specialmente per l’ambiente poco conosciuto, condito da un clima soggetto a notevoli escursioni termiche fra la notte e il giorno, che potrebbe creare non pochi problemi d’ambientamento alle compagini europee e d’oltreoceano. Scenario imprevedibile di un campionato che mai come quest’anno presenta tante favorite ai nastri di partenza. Brasile, Argentina, Spagna, Olanda, Inghilterra, Germania, Francia. Senza dimenticare gli Azzurri, detentori del trofeo in carica, ma raramente presi in considerazione in questa lunga e chiacchierata vigilia.

Partendo dai carioca, la selezione verdeoro sta vivendo una situazione molto simile a quella italiana. Snobbata dalla stampa locale per un atteggiamento definito «troppo difensivista», non è invece escluso che gli uomini di Dunga ripetano le gesta del 1994 e del 2002 quando, a fari spenti, si laurearono campioni.

Tutt’altra storia per la Spagna, vera eterna promessa. Ogni quattro anni, puntualmente, parte un gradino avanti a tutti gli altri. Merito di una rosa oggettivamente imponente che tuttavia si scioglie inesorabilmente come neve al sole nei match da dentro o fuori. E’ vero, nel 2008 è salita sul tetto d’Europa esprimendo un ottimo calcio ed in panchina può vantare uno dei tecnici – Vicente Del Bosque – maggiormente rimpianti dal Real Madrid dell’ultimo decennio, ma se nella storia dei Mondiali non ha mai scavalcato lo scoglio dei quarti di finale, un motivo ci sarà. Quarti che, se i conti della prima fase verranno rispettati, vedranno uno scontro proprio con Cannavaro e soci. E tutti noi, ovviamente, auspichiamo che la statistica non decada.

A proposito di Real, un altro ex condottiero vincente delle merengues guiderà l’Inghilterra. Fabio Capello, il sergente di ferro italiano, ha raccolto i leoni britannici dai fanghi dell’anonimato all’indomani dall’esclusione da Euro 2008. Ha restituito loro compattezza, autostima e carisma e, per la prima volta dal 1966 (anno del primo e ultimo trionfo), paiono realmente competitivi.

Virtù che allo stato attuale non riguardano l’Argentina di Maradona. Messi, Milito e Aguero là davanti mettono paura, eppure se si pensa che l’attaccante nerazzurro rischia di essere scartato in favore del trentaseienne Martin Palermo e che gli stessi interisti Zanetti e Cambiasso sono stati lasciati a casa, la Celeste ne esce obiettivamente ridimensionata. «Vinceremmo a mani basse, se solo avessimo un mister», scrive la stampa sudamericana. Come darle torto.

Attenzione infine a Olanda e Germania. Gli Orange, vittime anch’essi della “sindrome spagnola”, vantano l’estro di Snejder e Robben, mentre i tedeschi, nonostante l’assenza di grossi nomi, hanno dimostrato nell’ultimo ventennio di esserci sempre o quasi.

All’appello mancano Francia e Italia, le finaliste di Berlino. I cugini d’oltralpe, qualificatisi solo dopo lo spareggio con l’Irlanda del Trap grazie alla mano nemmeno troppo celata di Henry, non aspettano altro che liberarsi di Raimond Domenech. L’appuntamento sudafricano è perlopiù visto come inghippo divisorio con la nuova era, affidata all’invocato Laurent Blanc.

Allenatore a tempo determinato dunque, esattamente come Marcello. La sua Italia non piace ai critici, che gli contestano la mancanza di inventiva. Qualità però compensata da un affiatamento che nel 2006 si rivelò fondamentale. «Eravamo così uniti che definirci compagni di squadra era riduttivo», ha confessato recentemente l’eroe di quella spedizione, Fabio Grosso. Parole emblematiche, che esaltano i meriti di un Lippi che a metà luglio lascerà il posto a Cesare Prandelli. Un’eredità pesante, che diventerebbe pesantissima se solo…riaccadesse!

Da quarantott’anni mai il difensore del trofeo s’è poi riconfermato (Pozzo nel ’38 e il Brasile nel ’63 riuscirono nell’impresa) e nessuna squadra del vecchio continente fuori dai propri confini ha mai alzato la coppa al cielo. Auguriamoci che stavolta la storia si sbagli.