SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Mancanza di informazione, facile populismo, timori non reali, speculazioni politiche: così ti boccio un progetto che avrebbe portato acqua calda a prezzi bassi e ad inquinamento zero o quasi, e comunque fortemente ridotto, nelle abitazioni di settemila sambenedettesi della zona di viale De Gasperi, oltre che in svariati edifici pubblici tra cui il Municipio, i licei, il Centro Primavera.
La bocciatura del project financing sul teleriscaldamento, progettato da Picenambiente attraverso Picenambiente Energia Spa e altri partner privati, dimostra come in Italia persino le idee migliori possono essere bloccate da minoranze però bene organizzate. Sia chiaro: chi scrive ritiene sacrosanto il “principio della prudenza”, non ama lo sviluppo tecnologico fine a se stesso, non ritiene i parametri economici gli unici che possono condurre ad una scelta che appunto deve valutare l’insieme delle possibilità, prime fra tutte quelle naturali.
Ad esempio gli inceneritori dei rifiuti sono una cosa ben specifica: in essi viene arso tutto ciò che non viene recuperato, e anzi sono tanto più convenienti economicamente tanti più rifiuti ad alto potenziale calorico vengono immessi. E ardere materiali plastici, per quante precauzioni siano prese con i filtri, significa diffondere nell’atmosfera o interrare nel terreno sostanze velenose.
Ma il caso della centrale di teleriscaldamento del Ponterotto era ben diverso, ma forse qualcuno ha avuto gioco facile nel gridare “no all’inceneritore”, quando inceneritore non era: si trattava di utilizzare il metano emesso già adesso dalla ex discarica e i rifiuti vegetali delle potature o delle coltivazioni agricole. Materiale che, degradando, libera anidride carbonica, la stessa che sarebbe stata emessa per utilizzarla come combustibile. Tutto secondo natura.
Tra le obiezioni, vi era quella che la discarica – che il progetto prevedeva di mettere in sicurezza – avrebbe smesso di emettere metano nel medio-lungo periodo. Giusto: probabilmente a quel punto l’uso di metano dalla rete del gas nazionale sarebbe aumentato. Ma, come scritto nel progetto e riportato nell’altro articolo, la produzione di energia centralizzata e posta sotto controllo riduce l’inquinamento, perché nelle nostre case le caldaie ardono a metano e spesso siamo costretti a respirare gli scarichi dei vicini.
L’altra obiezione era che il trasporto degli scarti vegetali avrebbe appesantito il traffico in via Manara, un’arteria già pesantemente ingolfata. Tante possono essere le controdeduzioni: senza entrare nello specifico del numero di camion che sarebbero passati ogni giorno, crediamo che nessuno si opporrebbe se una nuova industria andrebbe ad insistere nella zona industriale di Acquaviva, anzi, questo sarebbe motivo di contentezza per le nuove occasioni di lavoro. E la centrale di teleriscaldamento questo era, con il beneficio di una riduzione dell’impatto ambientale e dei costi economici.
RESPONSABILITA’ Abbiamo contattato l’ex presidente di Picenambiente Energia Spa, Assunta Cassa, nel 2006 candidata per i Comunisti Italiani ed ora «libera cittadina». A suo parere la bocciatura («che ho vissuto con notevole dispiacere vista la validità del progetto») va ricercata nella «scarsa informazione ricevuta dai cittadini del quartiere Ponterotto ma anche da quelli di viale De Gasperi». Scarsa informazione da attribuire alla giunta Martinelli, che proprio su questo progetto si vide scavalcata dalla protesta, e dalla successiva giunta Gaspari, che sfruttò la protesta per fini elettorali (l’ex presidente del quartiere Sergio Pezzuoli venne eletto nei Ds) e poi ne fu travolta, stante il fatto che sia il sindaco che l’assessore all’Ambiente Canducci giustificano la bocciatura del progetto come una «impossibilità di andare contro la volontà dei cittadini» (volontà altre volte agevolmente superata, si veda il caso “cassa di colmata”) e non per l’inadeguatezza della centrale a livello economico e ambientale.
La vicenda, ad un anno dalle prossime elezioni, dovrebbe servire a tutti – stampa compresa – per cercare di evitare che situazioni di mera speculazione elettorale finiscano per privare di «grandi opportunità» la città di San Benedetto.