SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ospitiamo un commento di Luigi Maria Perotti, regista (e incidentalmente, detto per trasparenza, figlio del direttore di questo giornale), insieme ad un video dallo stesso diffuso negli ultimi giorni, relativamente alla San Benedetto dei primi anni Settanta. Notevoli gli spunti suggeriti da Luigi Maria: facciamo in modo che condividendoli sia possibile trarne qualche idea. interessante.
Quasi per gioco, mercoledì notte ho messo su un social network, un video della San Benedetto degli anni ’70.
Durante le riprese de “L’infame e suo fratello” avevo fatto una ricerca sulle immagini d’archivio che potessero aiutarmi a raccontare alcune parti di quella storia e per caso mi imbattei su questo super 8.
Lo aveva conservato il fotografo Amedeo Alessandrini (a lui va tutto il merito).
Quelli che capiscono il tedesco, avranno capito che si trattava di una specie di video pubblicitario (da chi commissionato e realizzato, ancora rimane un mistero…) rivolto ai turisti che un tempo dominavano le nostre spiagge
Nel film documentario ne avevo potuto usare solo pochi secondi e non so perché, era rimasto nel cassetto fino all’altra sera.
Un peccato, perché in effetti, valeva la pena che non fossi l’unico ad averlo visto tutto.
Nell’era di Facebook, la mia bacheca si è riempita di commenti che mi hanno fatto riflettere.
Una parte dei miei amici sosteneva che San Benedetto non fosse cambiata molto, altri invece che l’avesse fatto in maniera drastica e purtroppo non all’altezza di quelli che allora potevano essere i presupposti di allora.
Era nato come un gioco, volevo riconoscere le persone che si vedono nelle immagini (invito che rinnovo a tutti, ovviamente) ma poi mi son reso conto che poteva essere un momento importante per fare alcuni tipi di ragionamento.
Sapere da dove veniamo potrebbe essere utile per capire dove stiamo andando.
San Benedetto è una città che in genere non ama fare i conti col passato e che per questo motivo sta soffrendo una gigantesca crisi di identità.
Eravamo un borgo marinaro che in quegli anni sembrava aver trovato la sua ricetta per il benessere.
Il misterioso speaker tedesco dice: “Estate, riposo, sport e vita sociale. Tutto questo troverete a San Benedetto“.

Cosa siamo diventati 40 anni dopo?
Senza dubbio la città è molto più bella. Me lo confermano tutte le persone che erano state qui tanti anni e ci tornano con me oggi.
Ma se dovessimo fare un video pubblicitario oggi, lo speaker direbbe le stesse cose?

Io mi sento di poter dire che i sambenedettesi hanno perso parte della loro identità.
La città ha meno personalità rispetto a 40 anni fa.

Il porto non ha più quell’eccellenza di un tempo.
Alle elementari leggevo che sui libri di geografia che San Benedetto (insieme a Mazara del Vallo) era il porto peschereccio più grande d’Italia, dubito questa cosa sia ancora nei libri di scuola delle mie sorelle (16 e 11 anni).
Il turismo, complici soprattutto le tariffe low cost e l’euro, non è in grado di definire la città.
Insomma, a chi mi chiede che tipo di città sia quella dove sono nato, non direi che è una città turistica.
Se così fosse, tutte le città che si affacciano sull’Adriatico lo sarebbero.
Sarebbe troppo semplice additare la classe politica (che in democrazia è espressione di chi la vota e che se fa scelte difficili per raggiungere risultati a lunga scadenza, va a casa prima di averlo realizzati) e soprattutto miope non considerare la congiuntura generale degli ultimi anni.
Penso sia una questione di mentalità.

Facciamo un gioco. Troviamo uno slogan per raccontare la San Benedetto di oggi (scusate il gioco di parole con il nome della testata).
Una manciata di parole per descriverla in maniera diversa da Rimini, Fano, Senigallia, Civitanova, Alba o Pescara.
Forse può essere un modo per capire cosa siamo e dove dobbiamo andare.

Per concludere, se qualcuno di voi avesse dei super 8 o dei vhs su San Benedetto mi piacerebbe che facesse quello che ho fatto io, metterli su youtube.
Se non riuscite a digitalizzarli, portateli in redazione di Riviera Oggi, vi aiutiamo noi.
Sarà un buon modo per creare una memoria condivisa.