SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una scelta di buon senso più che ideologica. Potremmo sintetizzare così il pensiero di Giovanni Gaspari in riferimento alla disposizione comunale di permettere ai commercianti di tenere i negozi aperti nella giornata del 1° maggio. Una decisione andata contro i diktat della Regione, la cui normativa non avrebbe consentito deroghe nelle date del 25 aprile e della Festa dei lavoratori.

«Non temo sanzioni, il fax è arrivato alle 16.30, ma il venerdì gli Uffici chiudono alle 14», s’è difeso il sindaco, rispondendo a chi gli chiedeva come mai avesse deciso di sovvertire le indicazioni di Palazzo Raffaello. «Sono ossequioso delle leggi; lo sarò anche in futuro e penso che la Regione abbia il diritto di disciplinare la materia del commercio come crede. Allo stesso tempo però dico che esistono norme giuste e altre meno giuste. Ho parlato con Canzian e si è detto disponibile a migliorare il regolamento».

Il discorso del primo cittadino è ormai noto: una San Benedetto chiusa il Primo Maggio avrebbe annullato quei salti mortali compiuti per la promozione e valorizzazione del territorio. Ma non solo; Gaspari introduce un’ulteriore valutazione: «Visto che i bar e i ristoranti in quella data stanno aperti, mi domando se cuochi, baristi e camerieri siano figli di un Dio minore. Questa città dovrebbe essere meno provinciale. Non possiamo reputarci belli agli occhi del mondo e poi chiuderci a riccio nel momento decisivo. Considero questa una polemica pretestuosa».

Certezze che divengono granitiche quando l’occhio cade sul boom di visite conseguite dal “Fritto Misto” di Ascoli. Quasi centomila presenze che, a detta del sindaco, «si sono di conseguenza riversate su tutta la Riviera. Era nostro dovere essere all’altezza. Che li spendiamo a fare 20 mila euro per il concerto dell’Agraria se poi facciamo trovare il paese chiuso? I sambenedettesi dovrebbero essere entusiasti del risultato ottenuto sabato scorso».