RIPATRANSONE – Dire che ha le lacrime agli occhi forse è un po’ troppo, ma di certo un nodo alla gola ce l’ha, Sandro Rocchetti, presidente del circolo del Partito Democratico di Ripatransone, che ha deciso di dimettersi in polemica con il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, che ha scelto Sandro Donati quale assessore regionale.
«E’ una scelta personale, che ho comunicato nella giornata di domenica al sindaco di Ripatransone Paolo D’Erasmo e agli assessori ripani» spiega Rocchetti, il quale potrebbe anche non rinnovare la tessera del partito.
Serve un piccolo riepilogo, probabilmente, per chi si è perso qualche passaggio negli ultimi mesi. Succede che Sandro Donati, ex popolare, ex Margherita, approda nella nuova creatura prodian-veltroniana, il Partito Democratico. Succede che nel frattempo l’esponente acquavivano assume l’incarico di assessore regionale con delega al Piceno, ottenendola perché l’offidano Luciano Agostini, da vicepresidente regionale, va a sedersi in Parlamento. Succede che Donati vuole essere ancora candidato alla Regione, ma avendo terminato i due mandati consecutivi da consigliere, il Pd non glielo consente, e allora Donati si guarda intorno, bussa all’Udc, a Rutelli, ma alfine è Di Pietro a consentirgli di essere in lista, tra lo sgomento e la rabbia, espressa pubblicamente alla stampa, dei nuovi compagni di partito dell’Italia dei Valori. Ma non si cambia idea, e la teoria politica che Di Pietro avrebbe prefigurato a qualcuno dei candidati («Ma perché vi lamentate? Donati porterà quei voti che vi permetteranno di essere eletti in Regione…») viene capovolta: Merlonghi, Butteri, Peroni, Del Zompo e Fanini portano con loro molte preferenze, ma Donati arriva primo e incassa.
Ecco, allora, la reazione di Rocchetti: «Donati ha preso i voti per stare in Consiglio Regionale ma Spacca, scegliendolo come assessore, ha voluto dare uno schiaffo al Partito Democratico piceno. Questo io non posso condividerlo. Come dicevano gli americani per le guerre di Bush, “Not in my name“».
Dopo un paio d’ore dal nostro lancio mattutino Rocchetti era già stato contattato telefonicamente da almeno dieci persone, «tutte solidali con la mia decisione». Ma quale sarà ora la scelta del Pd piceno? Rocchetti spiega: «Ripeto, il mio è un atto personale. Sicuramente il partito avrà modo di analizzare questa vicenda, ma loro magari dovranno affrontare tenendo ben presente la “ragion di stato”: io invece personalmente non ho alcuna “ragion di stato” da difendere, questo non mi interessa».
Rocchetti spiega anche alcune vicende del Pd ripano: «Abbiamo deciso di appoggiare Perazzoli perché dei sei esponenti era l’unico della mozione Bersani, per la quale ci eravamo schierati. Un partito si compone di schieramenti e idee interne, non c’è da scandalizzarsi. E infatti non abbiamo fatto la “guerra” agli altri candidati, ad esempio a chi ci diceva che avrebbe votato Colonnella. Proprio per questo ritengo che Colonnella abbia fatto un errore a rilasciare certe dichiarazioni sul sindaco D’Erasmo, che si è comportato come il partito a Ripatransone e non per preferenze personali ma per questioni ideali».
«Però a Pietro ora occorre dire: tanto di cappello – aggiunge Rocchetti – Se avesse scelto la strada di Donati, candidandosi in un altro partito della coalizione, ora sarebbe in Regione sicuramente, e magari assessore. Invece Donati ha fatto semplicemente dei calcoli, e io non posso accettarlo, perché tra me e Donati c’è un modo diametralmente diverso di intendere la politica».
Senza andare troppo indietro nel tempo, Rocchetti ricorda anche le frizioni che si crearono nel collegio Ripatransone-Acquaviva nelle ultime elezioni provinciali, quando da Ripatransone «candidammo Maroni, ex assessore provinciale ed ex sindaco proveniente dai Popolari, e Donati, nonostante in quel momento fosse assessore regionale, si propose per Acquaviva. A quel punto Maroni si dovette ritirare e dovemmo candidare D’Erasmo».
Piccole storie della provincia politicante italiana? Può darsi. Ma forse fanno capire quante se ne combineranno ai piani più alti.