SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Comunque la pensiate, complimenti a questi ragazzi o ex ragazzi e adesso uomini, nati negli anni Settanta, forse ultimo anello di congiunzione almeno visiva (fattivamente, sono i primi “moderni” a tutto tondo, ma lasciamo perdere la sociologia) fra i ricordi della San Benedetto preconsumistica e l’attuale cittadina globalizzata (come tutte le altre).
Non è facile trovare chi arriva a produrre un progetto architettonico su un’area tanto importante come quella che è lo stadio Ballarin, per i sambenedettesi, i grottammaresi, i tifosi della Samb, la marineria, ma, probabilmente, per l’intera provincia e non solo. E non è facile neppure parlare della propria città con l’accoramento mostrato dal presidente Roberto Brancaccio durante la presentazione ufficiale, a cura del Comitato Ballarin, avvenuto all’auditorium Tebaldini, sabato mattina.
«I sentimenti non hanno prezzo, né mo’, né mai, e non possono essere commercializzati» dice Brancaccio con un nodo alla gola, dopo aver ricordato i fasti di uno stadio che era una città intera, dopo aver ricordato la morte di Maria Teresa Napoleoni e Claudia Bisirri in quel dannato rogo del 7 giugno 1981 («Quest’anno ricorre il trentennale di quei fatti e questa città non ha mai assimilato appieno quel che è accaduto: noi faremo la nostra parte, speriamo che qualcuno ponga finalmente una targa commemorativa»).
«Per me è un pezzo di cuore, questo stadio: vallo a dire ai giovani, che qui giocò a tennis McEnroe – e batté 6-2/6-3 Barazzutti, leggi qui l’articolo dell’Evening Indipendent del 24 luglio 1979, ndr – che qui all’inizio degli anni ’80 si tenevano i primi grandi concerti, che nel corso degli anni si avvicendarono una serie di personaggi felliniani che si trasformavano e noi con loro, per uno spettacolo di tifo unico» ha continuato Brancaccio.
«Leggevamo, nel 2007 dalla stampa, che qui prima si voleva impiantare la caserma dei Vigili del Fuoco, poi fare case per edilizia popolare: noi questo non lo possiamo accettare – è sempre Brancaccio – Allora ci siamo mossi, abbiamo parlato con il sindaco, ci siamo presentati alla stampa, abbiamo raccolto delle firme, abbiamo incontrato l’architetto Tschumi che ci è sembrata persona di eccezionale intelligenza. Siamo qui a proporre un progetto per metterlo a disposizione della città, per discuterne, naturalmente non per imporre la nostra idea. Tenendo presente che due sono i punti per noi irrinunciabili: la salvaguardia ad un uso pubblico, ripeto p-u-b-b-l-i-c-o di un sito che è un pezzo di storia cittadina, e la salvaguardia della memoria della Samb Calcio con un museo della sua storia ma anche dello sport cittadino».
Andrea Marinangeli, ingegnere, ha svolto un lavoro di coordinamento tra il Comitato e l’architetto Mirco Assenti («Noi siamo tutti “nativi” sambenedettesi, e sottolineo “nativi”», fa presente il portavoce Massimiliano Napoletani), e aggiunge: «Il nostro scopo è quello di aprire un dibattito, di riflettere sulla destinazione di quest’area. Regaliamo alla comunità tutta il nostro lavoro, ma proprio per iniziare a confrontarsi. Sappiamo che questo progetto ha dei costi, e infatti saremmo pronti ad accettare la sfida di un concorso architettonico, e anzi, anche la sfida di un concorso con un limite massimo di spesa».