ANCONA – Attenzione alle parole. Rimproverare un amico o qualsiasi persona per le proprie tendenze sessuali, potrebbe essere un reato. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che la settimana scorsa ha dichiarato colpevole il vigile sessantenne che nel 2002 aveva dato del “gay” ad un suo collega attraverso una lettera ingiuriosa.

Tutto questo è accaduto ad Ancona. I protagonisti sono due vigili urbani che secondo gay.it, nutrivano una forte rivalità per l’ottenimento della qualifica di comandante e nel merito uno dei due ha mandato una lettera all’altro criticandolo di omosessualità e facendo riferimenti specifici adue  episodi, una vacanza in montagna con un marinaio e l’allontanamento da un centro sportivo frequentato da minorenni.

Il giudice di ultima istanza ha definito ingiurioso lo scritto e condannato l’autore. Le motivazioni sono descritte chiaramente nella sentenza 1939 della Corte di Cassazione: le espressioni usate dall’imputato nella lettera “esprimevano riprovazione per le tendenze omosessuali” del collega. Dire “gay” a qualcuno con intento denigratorio, anche se ci si dichiara laici e senza pregiudizi, è reato.

Il caso è stato punito con 400 euro di multa e il legale della parte lesa, l’avvocato Michele Brunetti, si è detto soddisfatto per la sentenza. Il suo cliente si è sentito offeso perché non è affatto omosessuale.

Mentre l’eco mediatico smista favorevoli e contrari sul caso anconetano, alle porte attende il confronto della Corte Costituzionale previsto per il 23 marzo, riguardante la legittimità del vitarel e delle nozze tra persone dello stesso sesso.