FORCE – L’internamento di 150 soldati italiani prigionieri in un campo di lavoro a 70 chilometri da Berlino e la loro barbara fucilazione avvenuta nella notte del 23 aprile 1945 ad opera di una divisione dell’esercito nazista sono i drammatici eventi ripercorsi da Patrizia Donà nelle pagine di “Treuenbrietzen, storia di una strage”.

L’eccezionale testimonianza è stata presentata sabato scorso nel corso di un incontro che si è tenuto a Force alla presenza dell’autrice, del sindaco Augusto Curti e di uno dei quattro soldati miracolosamente scampati all’eccidio: Antonio Ceseri (classe 1924) che ha narrato con grande lucidità alcuni aneddoti di una tragedia rimasta ai più assai sconosciuta.

Erano presenti anche il vice Prefetto di Ascoli Piceno Marisa Marchetti, l’assessore provinciale alla Cultura Andrea Maria Antonini e alcuni famigliari di Germano Cappelli soldato di Force che si salvò insieme a Ceseri, Edo Magnalardo e Vittorio Vardolini.
Nel corso della presentazione è stato poi proiettato un filmato, curato e girato da Massimiliano Zerbini, che ha documentato un recente sopralluogo nella zona del massacro.

«Grazie ai numerosi documenti e soprattutto alle parole dei superstiti ho potuto ricostruire e dare luce a una pagina buia della storia del nostro Paese – ha sottolineato Patrizia Donà, nipote di Aurelio Donola uno dei 127 caduti di Treuenbrietzen – di fatto la morte “silenziosa” di mio nonno così come quella dei suoi compagni, internati nel campo di lavoro all’indomani dell’Armistizio del 1943, costituisce una valorosa testimonianza di amore per la libertà, per la Patria e per la pace da tramandare anche alle future generazioni».

«Per due anni ho lavorato duramente e senza sosta nel campo di Treuenbrietzen nel fabbricare munizioni per l’esercito tedesco – ha raccontato Antonio Ceseri – ricordo che si faticava a ritmi sostenuti, per ben dodici ore al giorno nutrendoci solo con una scodella di zuppa. La notte del 21 aprile del ’45 il nostro lager fu liberato dai russi, i quali però ci invitarono a non uscire dalle baracche per timore di rappresaglie tedesche. Ma dopo soli due giorni le truppe naziste erano nuovamente al campo per condurci presso una cava di sabbia a un’ora di cammino. Nessuno di noi capì realmente cosa stesse accadendo. Ma all’improvviso, giunti nei pressi di una pendice, i soldati aprirono di colpo il fuoco. Io e gli altri tre compagni ci riparammo sotto i corpi dei caduti barbaramente trucidati. Ben quattro proiettili mi sfiorarono la testa e le braccia, ma senza colpirmi, fortunatamente. Rimanemmo in silenzio per qualche ora, poi con ancora indosso tanta paura scappammo verso il bosco, dove trovammo la via di salvezza».

Il signor Cesari insieme agli altri superstiti prese parte, nei mesi successivi, all’identificazione dei 127 caduti, svolgendo un formidabile lavoro per ricostruire i tratti di una delle pagine più tristi della storia dei soldati italiani deportati nei lager tedeschi.

«Desidero ringraziare vivamente la signora Donà per aver realizzato un’opera di grande valenza storiografica, sociale e ideale – ha dichiarato l’assessore Antonini – si tratta di fatto di una straordinaria testimonianza che evoca e riporta alla cronaca le vicende e lo spessore morale di autentici eroi rimasti per troppo tempo nel silenzio. E’ di fatto compito di noi tutti, soprattutto delle Istituzioni, sostenere e promuovere esempi positivi per farsi che anche le giovani generazioni conoscano e si appassionino della storia, del valore e del coraggio di uomini come il signor Ceseri che tanto ci ha arricchito oggi con la sua umanità e con la sua forza d’animo».