SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Parco Marino del Piceno, il 4 febbraio gli enti pubblici del territorio coinvolto sono stati convocati a Roma presso il ministero dell’Ambiente. Si tratta di una pre riunione tecnica e, secondo l’assessore all’Ambiente Paolo Canducci, dietro la formalità della definizione ci sarebbe un ottimo segnale per i sostenitori dell’area marina protetta. Potrebbe essere l’atto conclusivo prima della definitiva conferenza unificata che sancirebbe l’istituzione del Parco, un iter che va avanti da quasi venti anni.
Confronti e trattative fra enti pubblici, ripetute ridefinizione dei confini, ascolto delle associazioni di pescatori: in questi anni non è mancato nulla di tutto ciò. Nel novembre scorso però il consiglio provinciale approvò un ordine del giorno su proposta di Giuseppe Mercuri (Pdl) finalizzato a sollecitare un ulteriore confronto e una ulteriore valutazione su quanto l’area marina protetta sia effettivamente un’opportunità per il territorio.
Da parte sua, il Comune di San Benedetto è apertamente sulle posizioni del sì al Parco. Afferma Canducci, esponente dei Verdi: «Spero che nella riunione di Roma emerga una volontà positiva da parte di tutti gli enti coinvolti. Sì, la Provincia ha espresso dei dubbi dopo la vittoria di Celani (mentre sotto la presidenza di Massimo Rossi era l’ente capofila del progetto, ndr). Però ritengo che la lunga istruttoria per l’istituzione abbia sviscerato tutti i possibili punti critici, oltre ovviamente ai vantaggi».
Chi gestirà il Parco? Non sarà un carrozzone di “trombati” politici, ricorda Canducci, perché l’ente gestore sarà composto da sindaci e assessori. L’ente approverebbe uno statuto e un regolamento, quindi nei limiti della legge sui Parchi sarebbero possibili ulteriori aggiustamenti, se necessari.
«In quella sede si potrebbero ulteriormente contemperare le varie esigenze. Ma ora spero vivamente che ci sia un ampio consenso bipartisan. Il Parco Marino è un’opportunità di sviluppo enorme, non si può sprecarla per strumentalizzazioni politiche o elettorali».
Non possiamo che guadagnarci, ripete Canducci. I benefici? In linea teorica sono noti: i sostenitori del Parco parlano di maggiore controllo sull’inquinamento dei fiumi, maggiori canali di finanziamento per la ricerca sul patrimonio ittico, controllo maggiore del prelievo di pesce e, si spera, conseguente aumento di pescosità e tutela degli stock a rischio depauperamento. Possibilità di creare marchi alimentari di pregio, ad esempio per le vongole. Ovviamente un beneficio d’immagine a livello di promozione turistica.
Le zone totalmente interdette alla pesca, in particolar modo dei vongolari, ripetono i sostenitori, sarebbero comunque limitate.