SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Così è stato ancora più bello: la conquista del primo posto, faticosamente rincorso fin dal traumatico inizio di campionato (quando, dopo le due sconfitte casalinghe contro Piano San Lazzaro e Cingolana sembrava già lontanissimo), è arrivata proprio all’ultima giornata di andata, subito prima della sosta di Natale – obiettivo temporale posto dal presidente Sergio Spina – e proprio contro la capolista Urbania, che sembrava “baciata dalla sorte” e da settimane non voleva proprio mollare la vetta.
Primato inatteso nella tempistica quanto voluto e meritato: il ruolino di marcia dei rossoblu nelle ultime settimane (pur con qualche risultato negativo ma sfortunato come la sconfitta contro la Vis Pesaro) è stato invidiabile, e piano piano tutte le squadre che precedevano in classifica la Samb sono state rimontate. Una supremazia spesso evidente più nel gioco – con i rossoblu a tessere le trame offensive per gran parte degli incontri – che nei risultati, stante la nota difficoltà a tradurre in gol le occasioni collezionate e, a volte, i gol beffardamente subiti in contropiede. Sono poche, infatti, le squadre di questa Eccellenza che hanno affrontato la Samb a viso aperto, e chi, come la Fermana, lo ha fatto, ne ha pagato le conseguenze.
Il gioco rossoblu, in effetti, ha rischiato a volte di essere prevedibile e arginabile da parte di squadre molto determinate nel pressing e nella difesa dell’area di rigore. Nelle ultime gare c’è stato, però, l’importante reintegro nello scacchiere tattico di un Giandomenico “nuovo”, uscito dal lungo infortunio più motivato (ha deciso di rimanere alla Samb nonostante le offerte arrivate da altre squadre, cosa che non ha fatto Basilico, incisivo solo a sprazzi) e umile. I risultati si sono visti: una Samb ancora più pericolosa in fase offensiva ma comunque attenta in quella difensiva grazie al sacrificio di tutta la squadra, che sembra aver capito la lezione dell’Eccellenza (alla tecnica bisogna necessariamente unire corsa e sacrificio). Bisognerà ora proseguire con la stessa umiltà e la stessa “fame”, senza sottovalutare nessuna delle 19 sfide che ancora aspettano i ragazzi di Palladini: il girone d’andata ha dimostrato che le insidie possono venire anche da squadre di bassa classifica, e perdere punti per strada può costare molto caro.
Manca ancora la continuità del settore offensivo: i gol, infatti, arrivano spesso da centrocampisti e difensori, cosa positiva perché mostra la partecipazione di tutta la squadra al gioco offensivo, ma che non rende giustizia alle occasioni che capitano sui piedi di Cacciatore e Menichini (escludiamo Gentili che, per sua stessa ammissione, preferisce servire assist). Due attaccanti di categoria superiore, sui quali Spina e Spadoni hanno puntato forte (la cessione di Basilico ha tolto loro un serio contendente alla maglia titolare): il presidente dichiara convinto che Menichini, già autore di decine di gol tra i dilettanti, si sbloccherà presto.
Concludiamo questa analisi del girone d’andata rossoblu con due attori fuori dal campo ma fondamentali (senza contare lo straordinario entusiasmo dei tifosi, capaci di sottoscrivere ben 1414 abbonamenti dopo mille amarezze). Per Ottavio Palladini non deve essere stato facile catapultarsi dal campo alla panchina, sia perché si trattava del suo debutto come allenatore, sia perché la situazione – con la Samb già molto lontana dalla vetta e col morale a pezzi – era oggettivamente complicata.
Il suo merito più grande è stato quello di dare razionalità e semplicità al gioco rossoblu, oltre a tanta grinta: con una rosa così forte tecnicamente il problema non era trovare chissà quali alchimie tattiche, ma dare fiducia nei propri mezzi ai giocatori con indicazioni chiare e schemi semplici ma efficaci. L’intesa tra i giocatori e le loro prestazioni sono cresciute pian piano, grazie anche a innesti importanti come l’inserimento di Chessari, il rientro di Oresti, l’acquisto di Rulli e l’esplosione del “folletto” D’Angelo, fino al recente “recupero” di Giandomenico. Si è creato un bel gruppo, nel quale a turno tutti sanno diventare protagonisti e tutti sanno mettersi al servizio della squadra.
Il ruolo di Sergio Spina è stato, poi, fondamentale: un lavoro a tutto campo, insieme a Giulio Spadoni, iniziato dalla costruzione di una rosa con giocatori (e stipendi, tra l’altro puntualmente pagati) da categoria superiore, proseguito con la ricostruzione di un settore giovanile «dove formare prima uomini e poi calciatori», passato attraverso momenti non facili come l’esonero di Minuti dopo due sole giornate e le prime, inevitabili, contestazioni, con annesso ritiro a Norcia. Spina ha sempre tenuto la barra dritta verso l’obiettivo del primo posto, anche quando sembrava molto lontano, e ha dato fiducia ai suoi giocatori e all’ambiente con le parole e con i fatti; ha dato vita, soprattutto, a una società dalla serietà riconosciuta da tutti, sulla quale si potrà costruire passo dopo passo il futuro della Samb.
Senza Spina, forse, non sarebbe stato possibile rialzarsi in così poco tempo dal trauma dell’ennesimo fallimento e vedere alla fine dell’horribilis 2009 una Samb vincente e rigenerata: amareggia, quindi, vedere regolarmente snobbati i suoi appelli verso gli imprenditori sambenedettesi, un film ormai consueto. L’auspicio per il 2010 è quindi che al risultato che tutto l’ambiente desidera, la promozione, si accompagni il rafforzamento societario, per una Samb che continui a essere vincente negli anni.