SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lo chiamavano il “vescovo rosso” per il suo impegno a favore dei lavoratori e per la sua disponibilità al dialogo con la sinistra. Luigi Bettazzi, però, preferisce l’ossimoro “vescovo laico” al punto da sceglierlo come sottotitolo del suo libro di memorie “In dialogo con i lontani. Memorie e riflessioni di un vescovo un po’ laico”, (edizioni Aliberti, 210 pagine, 17 euro).
Il Vescovo emerito di Ivrea, un “giovane prete di 85 anni” ripercorre parte della sua vita e analizza il mondo in cui stiamo vivendo: si parla di integralismo religioso e di valore della religiosità, esaminando con estrema attenzione le difficoltà intrinseche nel rapporto delle religioni con le società, con gli stati, con la coscienza individuale del cittadino.
Nel suo libro il “vescovo laico” racconta tante situazioni a lungo taciute, come quando fu convocato per le trattative del sequestro Moro.
Posizioni spesso controcorrente quelle del presule di Ivrea: «Riconosco che Dio mi ha dato un’intelligenza un po’ vivace, sollecitata a rivolgersi a sempre nuove conoscenze ed esperienze», ammette Bettazzi. E non risparmia strali alle gerarchie così grate a Mussolini per la Conciliazione da chiudere gli occhi di fronte alle aberrazioni della dittatura, alla Dc, ai teocon e teodem. «Era normale essere fascisti, negli ambienti ecclesiastici si deridevano gli eccessi del regime ma non si dimenticava che i Patti Lateranensi avevano offerto alla Chiesa privilegi e facilitazioni finanziarie», spiega Bettazzi. Folgoranti i ritratti dei protagonisti visti da vicino, come quello del sindaco democristiano di Firenze, Giorgio La Pira che, «contestato per la troppa attenzione ai poveri dai suoi compagni di partito, interessati solo ai propri interessi e alla tranquillità della coscienza», rispondeva serafico: «Perché preoccuparsi? Gesù è risorto, la Madonna è assunta in cielo e tra cent’anni saremo tutti in paradiso». Bettazzi riconosce che «la Chiesa a lungo ha avversato e scomunicato le democrazie», non così «l’anticristiana appartenenza a mafia, camorra, organizzazioni illegali e criminose». Fino al «controsenso della scomunica automatica per i massoni, senza che accada lo stesso per gli affiliati a clan in cui si sopprimono i nemici». È così che con grande pacatezza, il Vescovo laico spiega che anche un religioso, detentore tra l’altro della più alta dignità ecclesiale, non cessa di essere comunque cittadino, e quindi un laico privo di ogni tentazione di imperialismo ideologico.