SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Crisi di maggioranza, se l’assessore Loredana Emili parla di «una città che non merita una classe politica come questa, che va avanti solo con i ricatti», se il direttivo comunale del Pd difende a spada tratta il sindaco e dà dell’irresponsabile a chi paventa mozioni di sfiducia, se il segretario provinciale Mauro Gionni minaccia provvedimenti contro i dissidenti e li invita a un confronto interno, uno dei due dissidenti “donatiani” non abbassa certo il tiro. E continua la dialettica di aperta critica e di rigida avversità al sindaco Gaspari.
Nazzareno Menzietti parla così: «La Emili ha sicuramente ragione, convengo: gran parte della classe politica di San Benedetto è mediocre, specialmente quella che compone la giunta della città. Una giunta boriosa, chiusa in se stessa, non aperta al confronto e che incorre in ripetuti e pesanti errori su questioni essenziali per la città. Come il Ballarin, il Piano di spiaggia, la torre all’Agraria, l’articolo 29, l’immobilismo della città e il flop totale dell’urbanistica, come pure le questioni non risolte dell’assetto idrogeologico del Comune. Mostra un preoccupante vuoto progettuale e abbonda in programmi non realizzati».
Menzietti, fedelissimo dell’assessore regionale Sandro Donati, sottolinea che da tempo in Consiglio comunale si è evidenziato un disagio «da parte di componenti rilevanti della maggioranza»; mette in evidenza che forze politiche che prima erano in maggioranza oggi sono all’opposizione, come Rifondazione Comunista con il suo consigliere Daniele Primavera (ma non con l’assessore Settimio Capriotti); insomma, Menzietti mette in rilievo un dato per certi versi poco dubitabile, cioè che i consensi iniziali della coalizione di Gaspari si sono un po’ ristretti con il tempo.
Fisiologica decadenza del consenso e dell’entusiasmo dopo tre anni e mezzo di governo? Il potere logora chi ce l’ha? Per Menzietti c’è di peggio, e dai dissidi interni a un partito, il Pd, solleva questioni che rilevano per la tenuta complessiva del governo cittadino. «Il fatto che possa venir meno l’attuale maggioranza è la conseguenza di questo restringimento del confronto, degli errori effettuati, di un atteggiamento da vecchia nomenclatura burocratica tenuto dal Sindaco, dalla Giunta, dal capo gruppo che mai dall’insediamento a oggi ha convocato una riunione consiliare dopo la conferenza dei capigruppo, e dal gruppo dirigente del Pd».
Non sarebbero affatto ricatti, quelli dei fedelissimi di Sandro Donati, ma critiche legittime. Questo il messaggio di Menzietti. «Il segretario dell’unione comunale Felice Gregori è espressione tipica di questa mentalità, non solo non gli passa per l’anticamera del cervello di affrontare i problemi politici che hanno determinato questa grave situazione nella città, ma nella migliore tradizione burocratico amministrativa straparla e minaccia le espulsioni».
A chi pensa a un ravvedimento in corso, a una crisi che rientra, a una paura dell’horror vacui delle elezioni anticipate, la conclusione di Menzietti non può che dare scoraggiamento: «Mi pare evidente la necessità di un forte cambiamento, a questo le forze del centro sinistra dovrebbero guardare invece che baloccarsi con ipotesi ridicole di oscuri complotti».
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Ce ne hanno messo di tempo, ma finalmente hanno tolto i paraocchi. Il discorso di Menzietti non fa una grinza, meglio tardi che mai!
Come se non bastasse, appena fa capolino il rischio di perdere le poltrone, arrivano insulti e minacce. Ma credo che non serviranno a nulla. Gaspari è alla frutta e la colpa è solo sua (e di qualche membro della giunta).