SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Arrivano le condanne per i due giovani che tentarono la rapina alle Poste di piazza Setti Carrarro di Porto d’Ascoli lo scorso 16 settembre. Il giudice Filippello, nella giornata odierna, 10 novembre, considerando le richieste del Pm ha condannato Antonio B., di Martinsicuro, a 6 mesi di reclusione, 300 euro di multa e le spese processuali. Mentre per Danilo D., sambenedettese, è arrivata l’assoluzione perché incapace di intendere e volere, con l’obbligo di un percorso riabilitativo associato all’assunzione di farmaci antipsicotici.

L’avvocato della difesa ai tempi del fermo chiese una perizia psicofisica per il ventenne sambenedettese: «E’ necessario verificare la capacità di intendere di volere del giovane». Il giudice dispose perizia rinviando il dibattimento con le conseguenti misure cautelari per gli indiziati.

A due mesi dal fatto il perito ha presentato al giudice la perizia finale, che secondo l’analisi vede il giovane Danilo incapace di intendere e di volere. Nello specifico incapace di comprendere la pericolosità e le conseguenze ai tempi del fatto. Aggiunge: «Affascinato da figure particolari…», forse riferendosi a personalità legate al mondo della “legalità battuta sul filo del rasoio”?

Segue, «se indotto a situazioni simili e senza una cura preventiva, non si esclude la possibilità che il giovane ricada nell’errore».

Durante il dibattimento il giovane copre il suo volto con un paio di occhiali neri che non toglie nemmeno davanti al giudice, forse come “segno di sfida”? Ma la realtà dei fatti sembra essere un’altra: Danilo è affetto da problemi psicofisici indubbi.

Il secondo imputato, Antonio B. di Martinsicuro, è rimasto in sordina per tutto il processo pur avendo scontato 2 mesi di carcere cautelativo in attesa di giudizio. Tace fino alla fine quando trova il coraggio di esprimersi per chiarire la sua posizione: «Non credo di aver compiuto un reato, è stata una bravata nata per gioco e non con lo scopo di rapinare l’ufficio postale, se avessi voluto farlo ci andavo di giorno con il cappuccio e un’arma vera, giusto?».

Una vicenda che secondo la difesa di Antonio trova paragone con le classiche storie alla Totò e Peppino. Da una parte un “furfante” che furfante non sembrerebbe proprio esserlo e dall’altra un giovane che ignaro di tutto rimane nel mezzo e subisce le conseguenze di un processo.