SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Dopo molto fiato speso per casse di colmata e terzi bracci, è la volta dei Comitati di Quartiere cittadini. Tanti, troppi. «A San Benedetto ce ne sono addirittura sedici, ossia quasi uno per ogni chilometro quadrato». Parola di Daniele Primavera, che oltre al mero dato numerico ne contesta anche la metodologia operativa.

Innumerevoli sono infatti, secondo il consigliere di Rifondazione, le situazioni nelle quali i Comitati assumono funzioni improprie. Atteggiamenti giudicati egoistici, che fanno delle suddette organizzazioni le uniche depositarie di semplici richieste poste dagli abitanti.

«I ruoli vanno ridefiniti – afferma – Serve una struttura autonoma dalla politica che risolva i problemi dei residenti e non è accettabile che un Comitato pensi che un Comune debba prima risolvere le grane da loro segnalate rispetto a quelle poste dai singoli individui. Il presidente deve essere un semplice portavoce e ha senso soltanto se rappresenta una comunità».

Prova per Primavera di un atteggiamento sì propositivo, ma “di vicinato”. Come, del resto, quello ad opera dei Consiglieri comunali locali, spesso rappresentanti  e paladini di una determinata zona che successivamente, in periodi elettorali, diviene un ampio bacino nella raccolta di consensi: «Si tratta di un indebolimento del ruolo della politica che è giusto far notare».

L’ex esponente della maggioranza fa poi riferimento ad una mozione in materia, presentata qualche anno fa, votata e mai attuata: «Chiesi che ogni quartiere avesse una propria sede, affinchè questo fosse potenziato in fase operativa e di volontariato. Non se n’è mai fatto nulla e, ancora oggi, penso non sia ammissibile che i soli punti a disposizione siano le Parrocchie».

POLEMICA GASPARI-GABRIELLI Primavera interviene infine sulla tormentata vicenda della Variante 29, ammettendo:  «Effettivamente  esiste un documento del sindaco nel quale si chiedeva una proroga dei termini. Come sapete però, al primo giorno utile Gaspari ha fatto approvare l’atto amministrativo avvalendosi del silenzio-assenso. In questo senso dunque, Gabrielli non ha tutti i torti nell’evidenziare non un problema politico, bensì di mancato rispetto delle regole».