Da Riviera Oggi numero 798

La società “La Casa Ideale”, ha l’intento di costruire un allevamento destinato a fagiane e starne per migliaia di capi. A cercare di fermare la sua realizzazione c’è sempre stato in prima linea il “Comitato Piazza di Coso”.

Il presidente Gabriele Illuminati, il vice presidente Lorenzo Catasta, i consiglieri e i componenti del gruppo, hanno fatto del tutto in questi anni per informare i cittadini dei rischi che si corrono nell’adottare una struttura del genere. Il comitato ha infatti presentato ricorso al Tar per cercare di bloccare la procedura. Per saperne di più sull’intera storia abbiamo incontrato un consigliere del Comitato, Marco Casolanetti che ci ha spiegato le preoccupazioni che li spingono ad agire.

Perchè vi chiamate “Piazza di Coso”?

«Perchè comprende tutta la vallata, da Piazza di Coso, appunto, a Ripatransone fino a Cupra, dalla collina fino al mare. Siamo circa 30 persone tra cui diversi operatori turistici e proprietari di aziende agricole».

Quando e perchè nasce questo Comitato?

«Siamo nati più di dieci anni fa in risposta a diversi problemi da affrontare, come ad esempio la realizzazione di una cava abusiva e di un gassificatore, proprio in Piazza di Coso. Lo scopo è quello di proteggere tutta la valle, perchè se non lo facciamo noi non lo fa nessuno. Dato che anche per la Comunità Europea e per la Regione Marche, è un’area uficcialmente tutelata e vincolata, noi facciamo in dopo che questa tutela avvenga realmente».

Ricordiamo le tutele di questa zona?

«È una zona Sic, ovvero sito di importanza comunitaria, c’è una leccete fra Cupra e Ripatransone. È un’area floristica con 2 habitat importanti come il mirto spontanteo, unico luogo nelle Marche, e l’erica multiflora. Ci sono anche diverse specie di volatili e per consentire loro la nidificazione c’è il divieto di fare lavori da fine marzo fino a metà di agosto».

Che tipo di terreno è?

«Si “scioglie” facilmente ed è molto permeabile. È composto da sabbia, limo, sassi ed è classificata come zona vulnerabile da nitrati. Avendo un terreno così permeabile tutte le limitazioni sono abbassate al 50%. La Regione Marche inoltre vi vieta la concimazione con i prodotti azotati da inizio dicembre a fien febbraio, proprio per l’intensità delle pioggie che ci sono in quel periodo. Il prodotto infatti andrebbe a finire nelle falde acquifere prima e nel mare poi».

Oltre al megallevamento, quali sono state le vostre principali battaglie?

«C’è quella di qualche anno fa contro un megallevamento di polli a Ripatransone poi, quella più recente per bloccare la realizzazione di un gassificatore, sempre a Ripatransone. In quell’occasione il Comitato ha partecipato in Regione alla Conferenza dei Servizi. Infatti il gassificatore non è stato fatto più ma sono stati richiesti dalla Regione ulteriori approfondimenti. Ultimamente ci siamo opposti all’eventuale zona addestramento per cani: abbiamo presentato un ricorso e lo abbiamo vinto».

Fino ad oggi quindi, lotte che vi stanno dando ragione?

«Sì, speriamo anche in quest’ultima. Secondo noi sono battaglie giuste, che hanno difeso l’ambiente e la salute dei cittadini. Ci tengo a sottolineare che non abbiamo nessun indirizzo politico: ci siamo battutti e continueremo a batterci semplicemente contro amministratori che prendono scelte dannose, sia di destra che di sinistra».

Il Comitato ha presentato ricorso al Tar contro il Megallevamento. Quali motivi avete apportato?

«SOno diversi. Ad esempio il forte impatto ambientale determinato dalla costruzione di questi capannoni in un’area di ampia valenza naturalistica. L’inquinamento delle acque del torrente Sant’Egidio e dei suoi affluenti dai liquami non adeguatamente controllati a seguito delle piogge. L’inquinamento acustisco, visto le decine di migliaia di capi presenti e il particolare verso di questa tipologia di animale. L’inquinamento dell’aria, dovuto agli escrementi e al fatto che in questo tipo di allevamento c’è una percentuale di animali all’aperto. Il rischio del diffondersi di malattie che questi allevamenti di solito comportano: basta non vaccinare un solo capo per incorrere nel rischio del contagio. L’inquinamento dei pozzi delle aziende limitrofe e dei privati. Un grave ed inevitabile danno, non da ultimo, è quello che avrebbe il turismo: non solo perchè i liquami ch e filtrerebbero nel sottuosuolo andrebbero a sfociare nel mare, ma anche perchè oggettivamente, scenderebbe il numero di persone disposte ad andare in vacanza in un paese con un allevamento del genere. Ancora più grave è che la ditta ha presentata anche la richiesta di realizzare nell’area in questione anche un mattatoio. Questo proprio non lo ammettiamo».

Cosa chiedete quindi?

«Di sospendere e annullare l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione precendente. Sembrerebbero infatti esserci delle violazioni di alune norme di legge e diverse violazioni procedurali. Ad esempio, sulla verifica di impatto ambientale non è stato controllato il numero di animali che realmente possono essere inseriti nella struttura. Chiediamo di approfondire le valutazioni di pubblico interesse sulla salute e sulle condizioni di vita dei cittadini, valutazioni che a nostro avviso sono state fatte superficialmente».

I cittadini sono stati adeguatamente informati dall’amministrazione che ha preso questa scelta?

«No. Quando si va a costruire strutture del genere, è obbligatorio sentire o coinvoglere i diretti interessatanzi, invece ciò non è avvenuto, anzi, quando noi abbiamo iniziato ad informare i cittadini attraverso lettere, indirizzate casa per casa, affissioni e raccolte di firme, siamo stati contrastati dall’ex sindaco Torquati che ci accusava di diffondere allarmismo».

Se non fosse stato per voi quindi nessuno avrebbe avvisato i cuprensi?

«Credo proprio di no. Devo dire infatti che siamo riusciti a sollevare il problema, destando l’attenzione dei cittadini che, preoccupati, hanno iniziato ad informarsi di più».

Cittadini preoccupati, un Comitato che si batte, perchè secondo lei allora è stato fatto del tutto per approvare la realizzazione di questo allevamento?

«Non lo so, non capisco tante altre cose di questa faccenda. Il problema è che ora dobbiamo fare i conti con un’autorizzazione che è stata data e che vogliamo revocare».

Come si ferma questo treno in corsa?

«Ci sono delle possibilità. Dobbiamo trovare la strada meno dannosa anche per il Comune, perchè il problema è che la precendente amministrazione ha lasciato all’attuale giunta questa scelta non condivisa».

Quali sono le vostre sensazioni per la risposta del Tar?

«Sono fiducioso, mi auguro che la faccenda si risolva positivamente per il bene di tutti perchè, ripeto, il Comitato non sta difendendo interessi privati ma interessi di tutta la cittadinanza».