dal settimanale Riviera Oggi numero 793 
Erik Gandini vive in Svezia ma è nato e cresciuto in Italia. Con il suo documentario Videocracy, proiettato nelle ultime due settimane nel piccolo ma grande cinema “Margherita” a Cupra Marittima, Gandini torna nel suo paese d’origine, e racconta con piglio realistico e a tratti allucinatorio le conseguenze dell’imbarbarimento della civiltà italiana degli ultimi trent’anni.

La fine delle ideologie, la fine dell’impegno politico, la fine della razionalità e del buon gusto. Già, Videocracy (sottotitolo “Basta apparire”) è un pugno nello stomaco, un calcio nelle parti basse, una messa a nudo del mondo che viviamo e del mondo che siamo diventati, e perciò è anche una messa a nudo di noi stessi.
Lele Mora, Fabrizio Corona, il giovane delle valli padane che imperterrito lungo la durata del documentario narra la sua resistibile ascesa al mondo dei reality show e dei “saranno famosi” televisivi, con mamma al seguito, siamo noi.

Siamo noi la drammatica spoliazione della dignità umana nelle aspiranti veline esposte come galline a una fiera dell’agricoltura, che però si tiene nell’atrio di un centro commerciale. Siamo noi, l’arroganza teleguidata e la volgarità di classe, la fiera delle vanità televisive e la mancanza di vergogna che diventa vanto.
Siamo noi che viviamo in un paese in cui il conflitto di interessi non fa più notizia.
Non è un documentario su Berlusconi, seppur lo si possa credere a prima vista. Certo, lo è, ma è ancor di più una cruda e impietosa analisi per immagini dello squallore di un’epoca, in cui la televisione fa a gara con se stessa.
Del resto, qualunque cosa positiva o negativa si possa pensare di Berlusconi, bisogna avere il coraggio di guardare in faccia cosa siamo diventati, per addossare prima di tutto a noi le conseguenze delle invasioni barbariche che ci stiamo auto infliggendo. Un paese di oche e galletti, una realtà virtuale in cui non ci si vergogna più di niente, in cui l’esibizionismo più becero è diventato valore. In cui le televisioni di Berlusconi, ma anche la Rai, hanno creato la videocrazia. Il potere del video, l’accezione più becera del potere dell’immagine fatta racconto, della politica fatta immagine, della televisione fatta scuola di vita.