ASCOLI PICENO – I rappresentanti delle istituzioni locali, i sindaci del territorio, i rappresentanti dei sindacati e i lavoratori della Manuli Rubber si sono incontrati giovedì pomeriggio presso la sala conferenze della Camera di Commercio di Ascoli per discutere sull’emergenza dei 375 dipendenti in mobilità dopo l’annuncio di questi giorni della chiusura della struttura. Tutti uniti nel rimarcare la volontà di fare di tutto per evitare la delocalizzazione dell’azienda in Cina.
Erano presenti il sindaco di Ascoli Castelli, il presidente della Provincia Celani, gli assessori regionali Badiali e Donati, vari esponenti politici della zona, i rappresentanti dei sindacati, e molti dipendenti della Manuli che in pratica tra breve riceveranno la comunicazione ufficiale di messa in mobilità. In mattinata il presidente della Regione Spacca ha incontrato l’amministratore delegato dell’azienda Roberto Grandi al quale sono state rese note le misure intraprese dalla Regione nel voler coinvolgere il Governo nazionale sul caso ascolano, in particolar modo con le lettere inviate ai ministri Scajola e Sacconi e al presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
«Ora si attende una risposta da parte dell’azienda che finora si è comportata in maniera scellerata – ha commentato l’Assessore Regionale al lavoro Badiali – con un atto mirato, quello dell’improvvisa chiusura, che mostra come essa non ha più a cuore i lavoratori e il territorio su cui ha fatto le proprie fortune. La Regione ha fatto presente al governo che questa situazione può creare anche disagi sociali e disordini, come già sta accadendo, pur nella legittimità, con azioni di presidio volti a preservare i macchinari sui quali si è lavorato per anni e che ora devono essere portati via».
I rappresentanti delle istituzioni locali annunciano un impegno costante: «I lavoratori sappiano che non trascureremo per un attimo la gestione della vicenda, ma sarà fondamentale agire tutti quanti in accordo e con tempestività», ha spiegato il Sindaco di Ascoli Castelli mentre per il presidente della Provincia Celani l’aiuto del governo è indispensabile: «Ci meritiamo un’altra cassa del mezzogiorno. Ascoli è una di quelle aree che deve beneficiare in deroga degli aiuti dello Stato».
Particolarmente polemici i sindacati. Per Collina (Cigl) «si deve muovere anche il Prefetto. Qui c’è un grave atto di irresponsabilità sociale dell’azienda, e questo si vede dalla mancanza di rapporti con i sindacati e i lavoratori del territorio», e in queste condizioni per Angelini (Cisl) «si rischia di mettere in discussione un sistema di relazioni con i sindacati che andrebbe oltre questa singola azienda, poiché la loro mancanza sarebbe un fatto ancor più grave dei licenziamenti stessi».
Particolarmente duro anche l’intervento di Quaglietti (SdL): «L’azienda vuole scappare dal territorio con il bottino, maturato grazie ai nostri sforzi nel venire spesso incontro alle esigenze di produzione. C’è un attivo di 42 milioni nel 2008, questo significa che siamo sempre stati responsabili. Ora essere responsabili significa presidiare l’azienda e bloccare le strade».
Nel corso dell’incontro sono intervenuti molti rappresentanti dei lavoratori che hanno espresso la loro preoccupazione per una situazione che si fa sempre più critica, con centinaia di famiglie in difficoltà ad arrivare a fine mese. Continuano nel frattempo i picchetti davanti all’azienda nel tentativo di bloccare ogni eventuale azione di smantellamento della struttura.
Intervento anche del sindaco di Castel di Lama Patrizia Rossini che ha parlato di «territorio sfigurato e violentato da queste aziende che lo hanno spremuto e ora lo abbandonano», mentre il consigliere comunale di Ascoli D’Isidoro ha chiesto una mobilitazione di tutta la città.
Presenti anche Ciccanti, Colonnella e Massimo Rossi. Quest’ultimo si è augurato di passare dalle parole ai fatti nel mettere in atto il Protocollo d’Intesa approvato nel Marzo 2008, mentre per l’onorevole Luciano Agostini «aldilà delle manovre di sviluppo, al momento è indispensabile fare di tutto per mantenere quantomeno i posti di lavoro che ci sono».
Nel pomeriggio l’ex vicepresidente della Provincia Emidio Mandozzi, assente all’incontro, ha diramato una nota nella quale lamenta una scarsa efficienza dei servizi offerti dal territorio e un ritardo nello sviluppo del sistema infrastrutturale: «Non credo che sia un problema di costo del lavoro (o meglio, non il solo) e quindi di un fattore di spicciola competitività aziendale, terreno sul quale il sindacato ascolano ma anche le istituzioni si sono sempre misurate anche a costo di sanare qualche incomprensione con i lavoratori. Credo invece che in qualche modo c’entri la scarsa adeguatezza del territorio circa servizi efficienti, con il Piceno che sconta notevoli ritardi infrastrutturali. Ma il problema, a mio avviso, è anche e soprattutto il ritardo accumulato dallo stesso nostro territorio nello sviluppare un sistema industriale, ma più propriamente economico, in grado di sopravvivere autonomamente».
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Celani inizia male con la sua dichiarazione: come si va ad invocare la causa di questo problema come soluzione? Per rimandare la patata bollente a chi viene dopo? I sindacati come al solito parlano a sproposito (tranne Quaglietti che ha sottolineato un vizio tutto italiano del socializzare le perdite e privatizzare gli utili: leggasi come “istituzioni che non funzionano”). Agostini che come Celani non ha capito niente di quello che sta succedendo ed infine un fantastico Mandozzi (ma non aveva lui la delega al lavoro nella precedente amministrazione?) che critica le infrastrutture picene che non credo siano da buttare (l’Ascoli… Leggi il resto »
Sarebbe stato meglio se Mandozzi non avesse scritto nulla.
Alessandro, per favore mi spieghi come possono le istituzioni bloccare il processo di delocalizzazione attuato dalla Manuli ???
Mi sembra che sia tutto in regola con il libero mercato… vado in Cina perche costa di meno. Se esistono LEGGI, NORME o VINCOLI che possono fermare questo processo irreversibile fammelo sapere, sai com'è si continua a dire dalla thacter in poi Meno Stato e Piu Impresa, poi se le aziende fanno giustamente come vogliono la colpa è delle istituzioni.
evil monkey il libero mercato non vuol dire assenza di regole: la deregulation non p capitalismo o liberismo (lo dice perfino la scuola di Chicago…). Nell'altro articolo ho citato ad esempio alcuni parametri come certificazioni ambientali, assenza di lavoro minorile, ambienti di lavoro idonei senza i quali si blocca l'importazione. Sono parametri sia etici che economici in quanto riporterebbero alla legalità situazioni pericolose ed eviterebbero il dumping. E' un iniziativa da prendere non come singolo stato (non servirebbe a nulla) ma come UE (per iniziare).
quoto in pieno l'analisi del sindaco Rossini:
"Territorio sfigurato e violentato da queste aziende che lo hanno spremuto e ora lo abbandonano"…
dove c'erano campagna e terreni fertilissimi, ci sono mostri di cemento e lamiera, che producono vapori di morte e disoccupazione, paranoia e frustrazione…
e che ora rimarranno lì, scatole vuote testimonianza di un'era che sta finendo…cosa prenderà il loro posto?
Se si ascoltano le stesse campane che hanno portato il territorio e la dignità picena a livelli cosi bassi…Le soluzioni sono lontane molto lontane!
Dire una cosa ed il contrario di esso come fanno i politici se trovano zucche vuote ad ascoltare fanno il brutto e cattivo tempo!
Nessuno che li ha contestati ( neanche nelle baggianate che dicevano) e tutti ad aspettare un pò di pane 8 anche un tozzo va bene) in regalo…Ecco la dignità del piceno!!!..Sotto i piedi!
Alcuni anni fa lessi che l'Europa si era opposta all'importazione delle banane "Dole" a causa delle condizioni inaccettabile dei lavoratori nelle piantagioni e dell'utilizzo di pesticidi da noi vietati (irrorati mentre i lavoratori erano in piantagione). I giudici diedero torto all'Europa che dovette pagare una multa salata per aver impedito alla Dole il suo "lecito" guadagno. "certificazioni ambientali" (fatte da chi?) – "assenza di lavoro minorile" (per eliminarlo occorre che i genitori siano adeguatamente pagati) – "ambienti di lavoro idonei" … C'è una legge di iniziativa popolare chiamata "acquisti trasparenti" che richiedeva anche questi requisiti, ma giace sepolta in parlamento.… Leggi il resto »
esatto Alessandro !!! ma il paradosso (o il bello ) viene adesso.. e cioè quale tipo di istituzione avrebbe il coraggio o la convenienza di schierarsi contro le multinazionali ?? Le istituzioni sono schiave delle economia (o dei soldi come preferisci), gli stati nazionali non sono piu sovrani di un bel niente, siamo tutti sudditi del capitale in un modo o nel altro. Questo è un mio pensiero, pessimista certo, ma non ci credo piu alla favola delle regole da mettere ad argine di questo capitalismo selvaggio.
@...giovanni Marucci: ma vedi che alla fine sei giunto pure tu al nocciolo del problema; il problema non è il modello economico ma sono le Istituzioni; perchè non estendere nel marchio CE anche questi requisiti etici, e non dire che è il modello economico che porta corruzione perchè quello è malcostume non è colpa del sistema economico. @... Evil monkey il tuo discorso è fondatissimo, affinchè le istituzione possano opportunamente regolare l'economia occorre che la popolazione sia cosciente di quello che si sta facendo e smetta di pensare solamente al suo orto ed avere una visione più ampia e globale… Leggi il resto »
@alessandro84
Beato te!
E pensare che quelli che hanno fatto questa proposta hanno una visione dell'economia radicalmente diversa dalla tua.
@giovanni Marucci: tu commetti l'errore di pensare che il capitalismo significhi deregualtion: è come confondere il socialismo con il comunismo. Esponenti della scuola di pensiero di Chicago (i padri fondatori del moderno capitalismo) sono i primi a dire che lo Stato deve fungere da REGOLATORE e non da ATTORE ECONOMICO.
Inoltre il modo migliore di fare wellfare è proprio quello di ridare competitività alle imprese in modo da garantire la loro sostenibilità.
Basti pensare che la UE è nata proprio per questi scopi ma questa realtà è degenerata in burocrazia a causa degli interessi della politica.