SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Tra pochi giorni il presidente della Figc Abete prenderà una decisione sulle nuove società, nate dalle ceneri di quelle escluse dai campionati di I e II Divisione, da ammettere in sovrannumero in Serie D, come previsto dall’articolo 52 delle Noif, le Norme organizzative interne della Federcalcio (consultabili sul sito ufficiale Figc).
L’art. 52, che disciplina le norme riguardanti il titolo sportivo delle società, prevede dal 2004, per le società di serie A e B non ammesse ai rispettivi campionati, il cosiddetto “Lodo Petrucci”, ossia l’ammissione in un campionato inferiore di due categorie (fino all’anno scorso si trattava di una sola categoria inferiore, come successo ad esempio al Torino, ripartito dalla B, o al Napoli, che ricominciò dalla C1) di una nuova società espressione delle città rimaste senza calcio professionistico.
Per le società di I e II Divisione c’è invece, da maggio 2009, una norma apposita, che recita così: «In caso di non ammissione al campionato di I Divisione e II Divisione e di esito infruttuoso delle procedure previste ai commi 6, 7 e 8 (il Lodo Petrucci, ndr), il Presidente Federale (Abete, ndr), d’intesa con il Presidente della LND (Tavecchio, ndr), potrà consentire alla città della società non ammessa di partecipare con una propria società ad un Campionato della LND, anche in soprannumero, purchè la stessa società adempia alle prescrizioni previste dal singolo Comitato per l’iscrizione al Campionato. Nel caso sia consentita la partecipazione al Campionato Interregionale, la società dovrà versare un contributo alla FIGC non inferiore ad euro 300.000,00. E’ facoltà del Presidente, d’intesa con i Vice Presidenti della FIGC, con il Presidente della Lega Dilettanti e con i Presidenti delle componenti tecniche stabilire un contributo superiore al predetto minimo».
Non si parla, dunque, delle due categorie inferiori, previste espressamente dalla norma riguardante le società di serie A e B. A norma di regolamento, potrebbe dunque verificarsi il caso lecito di una società non ammessa in II Divisione sostituita da una nuova società che, d’accordo con Tavecchio, viene iscritta al campionato di serie D, previo pagamento dei 300.000 euro e verifica dei requisiti richiesti. È il percorso che era stato prospettato a Spina e Gaspari per l’U.S. Samb negli incontri avuti con l’avvocato della Figc Gentile e con il presidente Tavecchio, che si è detto d’accordo con l’ammissione dei rossoblù in serie D: avendo adempiuto a tutte le prescrizioni previste, i requisiti ci sono tutti.
Sono poi arrivate le dichiarazioni – non ufficiali, ma rilasciate a un quotidiano nazionale – del presidente federale Abete, che parla di una «consuetudine delle due categorie inferiori da rispettare, per non creare un pericoloso precedente», che hanno raggelato l’U.S. Samb (vista la base normativa, si era ritenuto di non perdere altro tempo e di allestire la rosa per la D e andare in ritiro), improvvisamente piombata nell’incertezza, che non si scioglierà prima della decisione definitiva. E alla Samb si è aggiunta la Pistoiese, per la quale ormai è sfumata la possibilità di “salvezza” del vecchio club in II Divisione e che chiede l’ammissione della nuova società in serie D.
La lettera inviata dai sindaci Gaspari e Berti ad Abete fa giustamente riferimento a motivi di ordine pubblico, di storia delle società e di importanza della piazza, che da soli, però, forse non giustificherebbero l’inserimento in serie D, se questo andasse contro la normativa Figc. Ma visto che tale inserimento sembra previsto dall’art. 52 (e infatti l’avv. Gentile e Tavecchio lo hanno prospettato come possibile), non si vedono i motivi per considerarlo un “pericoloso precedente”, visto che il parere del presidente della Lnd è positivo (perché non se ne tiene conto?). E la “consuetudine delle due categorie inferiori” è tale – anche se di recente istituzione – solo per le società di A e B, non per quelle di Lega Pro, per le quali la norma che permette l’inserimento in D è recentissima (prima, come si ricorderà, si andava nei campionati regionali, come successo alla Samb nel 1994).
Insomma, c’è qualcosa che non convince in questa incertezza sull’ammissione in D di Samb e Pistoiese, a meno di un clamoroso abbaglio nell’interpretazione del regolamento preso da noi, dall’U.S. Samb, dall’U.S. Pistoiese, dai sindaci di San Benedetto e Pistoia, dall’avv. Gentile e da Tavecchio. Non convince nemmeno la motivazione della possibile “disparità di trattamento” con le altre società escluse dalla I Divisione (Pisa, Avellino, Treviso e Venezia), che peraltro non hanno ancora presentato la domanda di iscrizione e versato i 300.000 euro (lo stanno facendo proprio in questi giorni) e non risulta abbiano protestato contro Samb e Pistoiese. D’altronde, come potrebbero protestare contro un’eventualità prevista dal regolamento (che non parla di serie necessariamente diversa per le società escluse dalla I o dalla II Divisione)?
Forse in Figc sono (comprensibilmente) stufi dei tanti fallimenti della Samb e si richiede, per non farla ripartire dai campionati regionali, una società con una base societaria ampia, garantita dal sindaco e con caratteristiche di trasparenza e solidità? Ma l’U.S. Samb sembra avere tutti questi requisiti, soprattutto se andrà in porto, come pare possibile, l’iniziativa dei “Tifosi Pro Samb”, volta a creare una presenza stabile di un rappresentante dei tifosi dentro la società. Inoltre, il parere favorevole di Tavecchio conterà pure qualcosa, o no?
E allora, perché Samb e Pistoiese non dovrebbero essere ammesse in serie D? Aspettiamo risposte dalla Figc.