SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Il Centro Agroalimentare mette in vendita il suo patrimonio immobiliare. Magazzini, uffici, strutture per le attività di vendita all’ingrosso di frutta, verdura e prodotti ittici. Prosegue una linea già inaugurata dal 2005 in poi con la cessione di immobili alla Cash & Carry e alla Sabelli. Ce lo conferma il presidente della società a partecipazione pubblica, Carlo Cicconi.
La cessione della porzione immobiliare del settore dedicato all’ittica è in corso, così come per il settore dedicato all’ortofrutta.
L’intero patrimonio immobiliare del Centro, inserito in un’area di 142 mila metri quadri, si aggira intorno ai 30 milioni di euro (stima del 2007).
La speranza è che gli imprenditori presenti nella vasta area commerciale, che oggi perlopiù pagano un affitto, si radichino sempre più nella struttura, affinché il Centro Agroalimentare dispieghi finalmente tutte le sue possibilità economiche.
È finito il tempo dell’economia a partecipazione pubblica, sembra. Un’idea, quella del Centro Agroalimentare, concepita negli anni ’80 (la società consortile che lo gestisce è stata costituita il 4 marzo del 1982), concretizzata nella seconda metà degli anni ‘90. Insomma, i tempi sono cambiati, e oggi come oggi quell’idea di sostegno pubblico all’economia non è più pensabile.
Ci sono poi le nuove norme che stanno cercando di regolamentare la partecipazione azionaria degli enti pubblici italiani ai consorzi e alle società di servizi.
Per tutelare la concorrenza e il libero mercato infatti la legge Finanziaria del 2008 ha imposto agli enti locali di fare una verifica sulle attività svolte dalle loro partecipate dirette o indirette. E cedere, eventualmente, le partecipazioni societarie ad attività di impresa che non hanno a che fare con i “fini istituzionali” di Comuni, Province e Regioni.
A prescindere da questa norma, il Comune negli anni passati aveva deciso di cedere le sue quote azionarie (possiede del 44% delle quote).
D’altra parte, fino al 2010 il capitale azionario del Centro deve rimanere pubblico al 51% (altri soci sono la Provincia di Ascoli al 12%, la Regione Marche al 34%, la Camera di Commercio di Ascoli e il Comune di Monteprandone con piccole quote), per vincoli di legge e perché bisognerà terminare di pagare le rate di un mutuo bancario.
Ma il dado sembra essere stato tratto. Comuni, Provincia e Regione usciranno dal mega centro di distribuzione e vendita all’ingrosso, che verrà totalmente lasciato all’iniziativa privata.