SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si è tenuta, venerdì 24 Aprile, la penultima serata della rassegna “Concordia Vivo”, organizzata dal Bitches Brew Jazz Club, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di San Benedetto del Tronto.

Ad aprire lo spettacolo, prima dell’ospite internazionale, sono stati gli ZenZero, gruppo locale conosciuto e già precedentemente apprezzato al Bitches Brew per essersi esibito in apertura del concerto di Trilok Gurtu. La band, composta dal tastierista Giancarlo Fattori, dal bassista Agostino Piscella, dal chitarrista Piero Paoletti, dal batterista Massimo Migliori e dalla cantante Paola Narcisi, ha eseguito pezzi di propria scrittura. Le atmosfere, un mix di etno-ambient con contaminazioni elettroniche rilevanti, rimandano alle sperimentazioni sonore new age del duo Vas. Il ritmo avvolgente e i mantra recitati dalla cantante, nel primo brano “Virus”, danno la misura dell’impegno che gli ZenZero mettono nella ricerca di sonorità raffinate. Interessante, durante l’esibizione dei musicisti piceni, è stata anche l’esecuzione della canzone popolare balcanica “Rumelaj”, dove, ad una più tradizionale interpretazione musicale, si è affiancata la scelta di un accompagnamento alla tastiera più “acido”.

A seguire, è entrata in scena l’incantevole voce e presenza di Mor Karbasi, cantante ed autrice di origine israeliana, che ha fatto della musica tradizionale del suo popolo il suo punto di forza. A valorizzare le sue doti di interprete, sono intervenuti Joe Taylor alla chitarra, Fred Thomas al basso e Andres Ticino alle percussioni.

L’artista ha scelto di eseguire come primo brano un fado portoghese, adatto alle sue corde. Il pensiero, dovendo fare un confronto, senza scomodare la Rodriquez, va subito alle grandi interpreti femminili del presente: Dulce Pontes e Teresa Salgueiro (Madredeus). Le melodie come Pluma, Como el Pasharo e Puncha Puncha, poi, hanno creato un climax ascendente: Mor Karbasi si è imposta con la sua fisicità, il suo carisma e la sua voce e il pubblico ha mostrato di gradire con lunghi applausi. Il suo stile ha abbracciato contaminazioni e influenze fra le più varie: dal Ladino all’Ebraico, dallo Spagnolo al Portoghese e all’Arabo. Figlia della generazione di Noa, ha raccontato in musica le vicende di un popolo martoriato dagli eventi storici, malinconico, ma anche predisposto alla levità dell’amore e alla speranza (Nuestros Amores, Fuego). Quando ha intonato La Galana i la Mar, canzone popolare sefardita di Salonicco, ha mostrato tutti i colori della sua voce e il pathos di cui è capace.

La padronanza di una tecnica vocale “araba”, il canto spesso diretto fuori dalla traiettoria del microfono e, ancora, l’esecuzione dell’ultimo brano in mezzo al pubblico della platea hanno sedotto definitivamente tutti i presenti.

Grazie alla sua forte presenza scenica e al suo recente album “The Beauty and the Sea“, da cui ha tratto i brani inseriti in scaletta durante il concerto, non a torto, Mor Karbasi è stata definita dal The Guardian “una delle più giovani grandi dive della scena musicale globale”.