SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Lo abbiamo intervistato come un tifoso, anche se, nel recente passato, ha ricoperto un ruolo importante in una situazione forse ancor più complicata dell’attuale. Remo Croci nel 2006 con la collaborazione di altri sambenedettesi come gli allenatori Luigi Voltattorni e Francesco Chimenti, oltre che del pubblico rossoblu e, in particolar modo grazie all’apporto economico (che risultò determinante) dell’imprenditore e tifosissimo rossoblu Sergio Spina, a traghettare la squadra, rimasta senza società, ad una difficilissima salvezza.
La tua prima reazione a caldo?
«Leggendo il testo così su due piedi la prima reazione è che non si può cancellare la storia di una squadra come la Samb con un semplice comunicato stampa addossando le colpe a tifosi, politici ed imprenditori. Come in un nucleo famigliare quando le cose non vanno bene, prima di prendere qualche drastica decisione, ci si dovrebbe confrontare apertamante senza gettare le colpe solo addosso agli altri. Si è portati a pensare che i veri motivi siano dettati da qualche situazione all’interno che non sta funzionando per il verso giusto. Mi sembra un po’ troppo semplicistico dire: ora molliamo tutto arrivederci è grazie».
Le tue riflessioni sulle ragioni riportate nella nota?
«Quando si acquista una società di calcio si sa benissimo che si può andare incontro a situazioni legate ai risultati della squadra. Essa in seguito può andar bene o male, quindi ci può stare tutto: dagli infortuni, alla scelta della conduzione tecnica che può non corrispondente ai programmi, fino ad arrivare alla contestazione dei tifosi».
Sembra quasi che la proprietà si voglia liberare di un peso?
«Anche qui c’è da rilevare che l’acquisto è stato fatto tramite un’asta pubblica quindi non c’è stata una imposizione da parte di qualcuno. Tanto per dirla in gergo “non l’ha ordinato il medico”. Detto questo mi risulta ancora più incomprensibile e semplicistica la decisione presa. A maggior ragione, loro che provengono da una famiglia di grandi tradizioni marinare, dovrebbero essere i primi a resistere fino all’ultimo se non altro per onorare il detto che “un capitano non abbandona mai la nave”. Per gli insulti personali, riprovevoli e condannabili, essi fanno purtroppo parte di questo nostro mondo del calcio. Ne sanno qualcosa gli arbitri».
Sulla decisione di non voler iscrivere la squadra al prossimo campionato?
«Nel momento che si acquista una società di calcio ci si assumono automaticamente dei diritti e degli obblighi nei confronti dei dipendenti che entrano a far parte di quella struttura e di una intera città se questa ne è diventata con gli anni parte integrante per un amore ed un attaccamento guadagnatosi sul campo. Mi sembra anche azzardato dire che la città ha abbandonato la squadra. Un esempio su tutti: basta andarsi a rileggere il numero degli abbonati da tre anni a questa parte. La città risponde eccome, il sostegno determinante del pubblico riuscì a ribaltare la sconfitta esterna dei play-off nel periodo Soldini»
La proprietà continua a ripetere che, in fondo, anche la famiglia Gaucci reagì allo stesso modo
«Con tutto il rispetto per gli attuali proprietari vorrei solo ricordare che i Gaucci la Samb l’avevano ereditata dall’Eccellenza e in pochi anni portata a sfiorare la serie B. Loro invece se la sono ritrovata già in C1, consegnata a loro dalla città. Ora è loro compito saperla mantenere in quella categoria per rispetto di quella comunità sportiva»
Il sindaco Giovanni Gaspari lo giudica un grido di aiuto.
«Con tutto il rispetto e senza voler offendere nessuno questa decisione improvvisa di “riprendersi le biglie e uscire dal gioco” mi sembra un po’ fanciullesca. In quanto a quello che sembra una richiesta di aiuto io dico che ci sarebbero altri modi per farlo. La storia calcistica della Samb racconta di grandi anni a livello di serie B, di incontri con squadre superiori ma anche di tifosi morti per la Samb, di persone che ancora oggi spendono quasi metà del loro dignitoso stipendio di lavoratori per seguirla in trasferte lontane. Se un grido volevano lanciarlo forse hanno scelto il momento ed il modo peggiore»
Ti senti di dire qualcosa all’attuale proprietà?
«Voglio solo esprimere un mio giudizio da semplice tifoso. Gli attuali proprietari hanno grandi tradizioni marinare ed eccellenti requisiti di manager di successo: quale occasione migliore per dimostrarlo anche in questo momento restando fermi al loro timone e cercando di traghettare la barca nel momento più difficile, quando solo la loro competenza può risultare decisiva?”