SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Fra tante opere inutili, insensate e dannose, gli inceneritori (termine tramutato magicamente in termovalorizzatore) sono oramai una delle più tragiche». È l’intervento del consigliere comunale per i Verdi Andrea Marinucci, in risposta all’intervento del candidato da parte del Pdl alla presidenza della Provincia, Piero Celani ( Rifiuti, Celani: «Basta discariche, sì a termovalorizzatori»).

Il consigliere mette in evidenza alcuni punti fallaci dei termovalorizzatori, come la convivenza fattibile fra questi e la raccolta differenziata: «I rifiuti è meglio ridurli alla fonte, producendone meno, e riciclare il più possibile i residui materiali post-consumo. Ma più si riducono e più se ne riciclano, meno materiale ci sarà per alimentare gli inceneritori, che già hanno bisogno di sovvenzioni pubbliche per diventare redditizi, figuriamoci se non dovessero lavorare a regime rispetto alle loro potenzialità. Quindi è chiaro che più si riduce e si ricicla e meno gli inceneritori hanno senso di esistere. Un recente studio internazionale in materia ha dimostrato che se si raggiungesse la media del 65% di raccolta differenziata non ci sarebbe più bisogno di ulteriori discariche e/o termovalorizzatori».

Secondo Marinucci, infatti, il termovalorizzatore non è altro – oltre che un danno all’ambiente – che un modo per rubare il denaro dei contribuenti «A parole si affannano a sostenere che non è vero, nei fatti fanno di tutto per impedire che la raccolta differenziata superi le percentuali che non consentirebbero di riempire bene e costantemente i forni. Un esempio emblematico è il testo di una convenzione relativa alla costruzione di un inceneritore nel Grossetano: più rifiuti si porta al mostro che espelle rifiuti tossici, diossina, nanoparticelle nocive, e meno si paga, viceversa meno se ne portano e più si paga».

Ma il consigliere dei Verdi non si limita a fornire informazioni e critiche, porta anche una eventuale soluzione, ovvero l’utilizzo degli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB):«In questi impianti – spiega – è prevista una fase di degradazione biologica che trasforma gli scarti più degradabili in anidride carbonica e acqua se il trattamento avviene in presenza di ossigeno, o in anidride carbonica e metano (biogas) se avviene in carenza di ossigeno. Dopo questo trattamento, che dura circa 20 giorni, restano gli scarti non biodegradabili che vengono intercettati dai sistemi meccanici che separano vetro, carta, plastica, metalli e inerti. Studi promossi dall’UE dimostrano che il Tmb provoca la riduzione di 480 chilogrammi di gas serra ogni tonnellata di rifiuti trattata. Se si riuscisse ad arrivare ad una società a Rifiuti Zero, poco male per gli impianti Tmb, che ammortizzano gli investimenti in 5 anni di attività, mentre a un inceneritore ne occorrono 20 di esercizio a pieno regime. I vantaggi degli impianti Tmb risultano ancora più netti se si considerano le emissioni di sostanze tossiche, soprattutto per quanto riguarda la produzione di diossine (notoriamente cancerogene per l’organismo umano): l’incenerimento nelle migliori condizioni produce 400 nanogrammi di diossine per tonnellata mentre il Tmb 40 che scende addirittura allo 0,1 se viene fatto il trattamento dell’aria con biofiltro».

Ovviamente un occhio va anche ai costi: «L’impianto Tmb può costare fino al 75% in meno di un inceneritore. Solo i sussidi pubblici (magari truffaldini,come quelli del Cip6) garantiscono la loro sostenibilità economica che, come ha ricordato il Wall Street Journal, “sono il metodo più costoso di smaltimento rifiuti”».

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