SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La storia giudiziaria legata all’alluvione del 10 aprile 1992 si è conclusa il 25 febbraio, per quanto riguarda il lato penale, con la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso fatto dal progettista Vincenzo Mattiolo, confermando perciò la sua condanna per disastro colposo.
Ma si tratta di una storia lunga e sicuramente tortuosa, in cui c’è stato spazio anche per una “pagina nera”, una di quelle giornate in cui vacilla la fiducia in una giustizia veramente giusta.
Ecco le tappe:

– gennaio 2000, il giudice delle udienze preliminari presso il tribunale di Ascoli rinvia a giudizio l’ingegner Vincenzo Mattiolo con l’accusa di disastro colposo. La richiesta di rinvio a giudizio fatta dal sostituto procuratore Ettore Picardi era stata depositata ben quattro anni prima
– 14 luglio 2003: il tribunale di San Benedetto del Tronto nella persona del giudice Luigi Riganti dichiara Mattiolo colpevole del reato ascritto e lo condanna a due anni e tre mesi di reclusione e al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili, cioè le aziende alluvionate
– il 22 febbraio del 2006 la Corte di Appello di Ancona riformando la sentenza di primo grado assolve Mattiolo ritenendolo estraneo al disastro
– La Procura Generale di Ancona rappresentata dal dottor Tragnone e le parti civili fanno ricorso in Cassazione
– Il 6 marzo del 2007 la Cassazione annulla la sentenza della corte di Appello di Ancona e rinvia per un nuovo giudizio di appello davanti alla Corte di Appello di Perugia
– 11 febbraio 2008, dopo nuove audizioni dei periti idraulici la Corte di Appello di Perugia conferma parzialmente la sentenza di primo grado del tribunale di San Benedetto confermando la sussistenza di un danno economico cagionato dal Provveditorato Opere Pubbliche di Ancona, nella persona dell’ingegner Vincenzo Mattiolo, dichiarando però l’avvenuta prescrizione del reato
– Mattiolo propone ricorso in Cassazione, che il 25 febbraio 2009 lo respinge

Ora in base alla legge Pinto gli avvocati Alessandrini e Voltattorni chiederanno un indennizzo per la eccessiva durata del processo, nello specifico il tempo intercorso fra la richiesta di rinvio a giudizio depositata nel 1996 e l’udienza preliminare svoltasi nel 2000.