da Riviera Oggi settimanale numero 760
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Giovane e dinamico, Vincenzo Ciulla fino a prova contraria fornisce una buona impressione a chi gli sta di fronte. La storia personale dell’uomo che vuole far ripartire la ex Surgela con il marchio Ortofrost sembra quella di un imprenditore che si è fatto da sé. Non fa promesse mirabolanti, dice di lavorare con passione e amore partendo per gradi, chiede pazienza alla città. Conosciamolo meglio.
Vincenzo Ciulla, lei nasce professionalmente come consulente aziendale per le ristrutturazioni economiche. Cosa l’ha spinta ad affrontare la sfida della ex Surgela?
«È il mio mestiere, semplicemente questo. La ex Surgela fa parte di un settore sinergico con quello in cui opero ora. Le quantità di vegetali surgelati che acquisto per il fabbisogno delle aziende della mia Novità Holding hanno raggiunto volumi interessanti, per questo ho scelto di riavviare progressivamente la ex Surgela, investendoci. La strategia è accorciare la filiera».
La domanda è secca e di grande rilevanza, qui a San Benedetto. Quanti operai riassumerà dal 15 febbraio in poi?
«Guardi, si tratta di un discorso complesso. Posso affermare che lo zoccolo duro su cui punterò sarà di 30-35 persone, inclusi frigoristi e manutentori. Aggiungo che trattandosi di prodotti vegetali, i ritmi di lavoro dipenderanno dalla natura, dalla stagionalità. Per la produzione dei piselli potrò aver bisogno di lavoratori stagionali. Pianifico picchi di 48 dipendenti nei momenti in cui bisognerà saturare il più possibile la forza lavoro».
Con che criterio riassumerà un dipendente piuttosto che un altro?
«Competenza e serietà. La mia volontà è quella di lavorare con le risorse umane congrue ai miei piani di produzione, fermo restando il criterio di equità nella scelta dei dipendenti».
Cosa intende?
«Vede, l’equità di scelta non va confusa con l’assistenzialismo. Io finora qui alla ex Surgela ho già investito 250 mila euro, 84 mila euro solo per poterci entrare dentro, come prima rata trimestrale di affitto. Centomila euro per la riparazione delle macchine raccoglitrici, che andranno a scomputo dell’affitto. La ditta che le ha in consegna non avrebbe toccato un bullone senza anticipi. Ho presentato le fidejussioni bancarie, ho speso per i contratti di fornitura di energia a mio nome. Dovrò incontrare il sindaco e le istituzioni. Chiedo solo di lavorare in pace».
Con il sindaco parlerà di quella disponibilità manifestata già dal Comune ai Malavolta per ammortizzare i costi idrici?
«Il consumo idrico è una voce di costo importante, spero ci sia ancora quella disponibilità. Intanto sto lavorando per fare il punto della situazione sulle linee di produzione e sulla manutenzione».
Gli stipendi? Gli accordi sindacali? Cosa intende per assistenzialismo?
«Ci mancherebbe. Incontrerò le parti sociali dopo il 15 febbraio. Spero ci sia un sentimento di condivisione, non di attacco verso di me. Rispetto i sindacati e il loro ruolo, ma il mio compito è fare impresa, il loro ruolo è di interlocutori, non di decisori. La Ortofrost è un’industria e io ragiono come imprenditore. Le faccio un paragone. Se lei avesse quattro ospiti a cena e volesse preparare un risotto, cucinerebbe due chili di riso che poi andrebbe immancabilmente buttato o piuttosto farebbe le dosi per cinque persone?».
A che fatturato mira la Ortofrost nel 2009?
«Miro a raggiungere il punto di pareggio. Lo quantifico in circa sette milioni di euro. Lo considero un vero successo, contando la partenza ad handicap e il fatto che nel frattempo che la Foodinvest non ha lavorato il mercato è andato avanti e i concorrenti pure. Ora dobbiamo rosicchiare loro dei pezzi di mercato puntando su qualità e prezzi congrui. Il mercato dei surgelati è stabile, il successo lo si ottiene così, con più canali di vendita».
La Nestlè acquisterà da Ortofrost?
«Lo dico chiaramente. La produzione partirà a prescindere dalle commesse dei grandi nomi. I nostri semilavorati riforniranno la grande distribuzione, il settore bar e ristoranti e le industrie di trasformazione».
Alcuni sindacati, in particolare l’Ugl, sono preoccupati perché temono un ridimensionamento dell’azienda.
«Il mio piano industriale in un momento macroeconomico così incerto viene fatto con i dati alla mano. Non è un documento stampato che rimane sul tavolo, ma è in continuo aggiornamento trimestrale. Affitto questo stabilimento per tre anni rinnovabili per altri tre, con prelazione sull’acquisto. Io voglio fare impresa, datemi tempo. Mi dicono anche di essere un prestanome di Malavolta, anche se prima di questa avventura non lo avevo mai visto in vita mia. Partiamo non da zero, ma da sottozero. Dal secondo quadrimestre del 2009 prepareremo il 2010, puntando a maggiori quantitativi di commesse. No alle fanfare, pensiamo allo sviluppo vero».
La Ortofrost parte dalla semina dei piselli. Ci dia qualche dato.
«I piselli sono una delle 22 tipologie di vegetali che tratteremo. Abbiamo ordinato 1500 tonnellate di prodotto, pari a 400 ettari di campi coltivati nella Valdaso. Gli agricoltori mi hanno posto delle condizioni economiche precise. Per avere la loro fiducia, ho anticipato 500 euro per ogni ettaro. Per coprire le “spese vive” ho acquistato per loro le sementi, che poi riaddebiterò dopo la consegna del raccolto. Nel frattempo ho presentato la Ortofrost nella importante fiera Marca di Bologna».
Perché non ha voluto rilevare il magazzino di prodotti surgelati che poi è andato all’asta?
«Non l’ho considerato un affare, anche se poi quasi me ne è stata fatta una colpa. L’acquisto era fattibile dieci mesi fa, non ora, perché si sono avvicinate le date di scadenza di quei prodotti. Ho preferito riavviare creando l’assortimento ex novo. E lo farò in base alla stagionalità delle coltivazioni».
I macchinari della ex Surgela sono da tutti definiti all’avanguardia. Come pensa di pilotare questa fuoriserie?
«Le linee di produzione sono buone, ma in parte datate. Sul piano dell’automatizzazione hanno ancora molto da dire. Vede, preferisco guidare una Fiat 500 e arrivare primo, invece che guidare una Ferrari e schiantarmi. Avrò una fuoriserie quando ogni giorno usciranno fuori Tir carichi di prodotti da via Verbania».
Perché ha avuto l’idea di investire nel Piceno, in un momento di grossa crisi nazionale?
«In momenti di crisi ci vuole coraggio, altrimenti che facciamo? Rimaniamo in attesa? Ci nascondiamo? Preferisco essere artefice del mio destino. E investire in strutture, come sto facendo alla Vinfood. Certo, lì dopo la mia entrata il personale è diminuito quasi di un terzo, ma prima l’azienda era sovradimensionata. A Monteleone ci sono stati ritardi nelle procedure per la cassa integrazione? Ora è tutto in regola, e il fatturato cresce».
Ciulla chiosa così l’intervista. «Non ho mai usufruito di un centesimo dalle leggi agevolative statali, e vengo dal profondo sud. Io faccio il mio, poi se le istituzioni dovessero darci un’opportunità in più, sarà ben lieto di farmi avanti».
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