SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ce lo invidiano in tutto il mondo. Dall’America al Giappone passando per la Francia. Per non parlare della Cina. E’ stato premiato, solo per citarne alcuni, a Milano (2003) come a New York (2006), ad Atene (2007) come a Berlino (2007).

Ha partecipato a mostre e biennali come a quella di “Venezia 2005” o al festival dell’Architettuta di Parma (2004). A Pechino ha realizzato le “Kunlun Towers” un’opera che ha lasciato a bocca aperta il mondo dell’architettura mondiale. Ma San Benedetto, la sua città, non è riuscita a trovare un buco per consegnargli il premio per la realizzazione dell’Istituto Alberghiero, opera citata in una importante rivista quale “l’Arca”.

Enzo Eusebi, stimato da colleghi quali Renzo Piano e Massimiliano Fuksas dovrà andare a ritirarselo a Moie (An). Almeno avrà ricevuto qualche attestato di stima? «Neanche una telefonata» asserisce amareggiato.

A nominarlo per il premio l’Isarc (Istituto Nazionale per l’Architettura) insieme all’Ance (Associazione Nazionale Costruttori). Veramente un posto c’era. Ed era proprio all’interno della sua “creatura”. Ad annullare il tutto ci ha pensato un contenzioso tra la Provincia ed il dirigente dell’Istituto, Giovanni D’Angelo tanto che quest’ultimo ha deciso di sospendere qualsiasi evento extrascolastico.
Nemo profeta in patria?

«Oramai ci sono abituato. Neanche all’ultimo evento a Pechino non è stata spesa una parola sui media. A parte voi di SambenedettOggi.it»

Dell’Istituto Alberghiero, forse pochi sanno che, aldilà del suo stile unico possiede una prerogativa che ha dell’incredibile

«Intanto tengo a precisare che l’opera non si sarebbe mai realizzata senza il contributo determinante dell’allora sindaco Paolo Perazzoli, nella cui Amministrazione fungevo da direttore dei Lavori Pubblici, dell’allora  presidente della Provincia Pietro Colonnella e di Maria Pia Silla, assessore alla Cultura. La prerogativa è che l’intero complesso è riciclabile. Ovvero, se fra 50 anni si sono stufati del manufatto si potrà smontare il tutto ed usare l’intero materiale per altri scopi. Ricordo che avevamo un budget per un’area di 900 metri cubi. Con lo stesso finanziamento riuscimmo a realizzarne 2.200»

Da osservatore spassionato, come vede l’area del Ballarin?

«L’area del Ballarin è un semplice stralcio urbanistico lungo 150 metri e largo circa 70. Darei priorità all’urbanistica con una strada che lo attraversa creando una sacca di parcheggi ipogei (sotterranei) e porzioni di landscape (verde misto) e basta. Oggi in Italia il termine “riqualificazione”  si contamina sempre più spesso con “speculazione”.  Noi abbiamo un patrimonio edilizio enorme che andrebbe rivisitato con architettura “sottrattiva” ovvero, immettendo volumi di verde al posto del cemento. Come per il Porto».

In altri termini ?

«Non ci stiamo accorgendo che, a forza di cementificare, stiamo diventando peggio della periferia di Hong Kong? Ma qui devo usare delle proposte che, in un contesto provinciale, rischiano di passare per visionarie o utopistiche. Tipo un mega Parco Urbano. Senza ricorrere a spese di progettazione o imprese. Smantellare l’intera cementazione intorno ed ognuno di noi la domenica va scavarsi una buca dove piantare un pino marittimo. Altrimenti che “riqualificazione” vogliamo fare? Dare una nuova mano di intonaco ad edifici degli anni settanta?».

Prg. Una sua idea di sviluppo?

«Non lo conosco e non mi posso permettere di esprimere giudizi di merito. Un fatto è certo. Abbiamo un patrimonio enorme da sfruttare. Posso dire che, ad esempio, stiamo attuando un’idea futuribile di sviluppo dove non il verde, ma l’agricoltura entra a ridosso dei grattacieli. Basta con i proprietari rurali che lasciano la campagna per andare a lavorare come muratori a 500 metri d’altezza. Occorre integrare le due cose. Quindi verde che non rimane decorativo. Non più la palma, immigrante vegetale, a decorazione della città ma la pianta di pomodoro, essenza autoctona che ritorna alle origini e va ad “umidificare” l’area urbana. Questo è il futuro che noi vediamo».

Una visione  forse troppo avanzata per una città di provincia come la nostra?

«Esattamente. Allora, cosa possiamo fare per San Benedetto? Innanzitutto andarsi a leggere alcuni dati statistici. Parlando con l’amico Nazzareno Torquati mi faceva presente come la città, da un punto di vista numerico di presenze, non è una città turistica. Quindi il Prg dovrebbe tenere conto anche di questo nello sviluppo del territorio. Quanto  si produce in questi termini, quali gli ingressi, quali le uscite economiche ed in base a ciò disegnare la città»

 

Il Lungomare, quello ultimato e il pezzo da ultimare. Qual è la sua idea?

«Direi che bisogna continuare così come è stato iniziato. Tanto per continuare nella coerenza architettonica. Tuttavia non sono contrario al Lungomare quanto al suo Piano Spiaggia. Da sud a nord ormai il mare non si vede più. Ci hanno costruito un vero e proprio “muro di Berlino” proprio a partire dagli anni in cui quest’ultimo veniva abbattuto. Ci hanno addirittura negato la libertà di andarci a toccare la sabbia. Dovremmo ricordarci e fare in modo che tutto quello che si trova a ridosso delle zone umide è patrimonio di tutti e non solamente di chi ci vuole rifilarti una birra o un gelato»