SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Si prevede che, martedì 20 gennaio 2009, forse quattro milioni di americani si riverseranno nelle strade e nei quartieri limitrofi alla Casa Bianca per testimoniare la loro presenza al giuramento di Barak Obama.
Ci sono stati altri presidenti ed altri giuramenti. Ma questo entra di diritto nella storia e resterà scolpita nella coscienza delle generazioni a venire dell’America e nel resto del mondo.
Non per il fatto che ritorni un democratico nella stanza ovale. Non perché, come succede tutte le volte che siamo di fronte ad un grave pericolo o ad una profonda crisi, si cerca il Salvatore dei problemi del mondo (ricordiamoci piuttosto: è solo un uomo). Non perché è affascinante, carismatico, pieno di ideali, giovane. Non in quanto, per certi suoi discorsi, ricorda tanto J.F. Kennedy. Ma perché Barack Obama è il primo presidente nero nei 232 anni di storia degli Stati Uniti.
E quando sarà finita la cerimonia di insediamento egli “avrà incassato quell’assegno, quel pagherò” che 46 anni fa, il 10 dicembre 1964, Marthin Luther King, sempre a Washington, davanti ad un milione di persone, negre e bianche, rivendicò per la sua gente nel famoso discorso ribattezzato “I have a dream” (Io ho un sogno)
«In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un “pagherò” del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo “pagherò” permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità».
Eleggendo un presidente di estrazione afro-americana, il 20 gennaio 2009 l’America si sdebita con sé stessa, diventa adulta e “uguale” nel senso etnico del termine. La data è destinata ad affiancarsi a quella del 7 luglio 1776, Dichiarazione di Indipendenza, la quale, nei suoi intendimenti enuncia, tra gli altri che: «Tutti gli uomini sono stati creati uguali“.
Al 17 luglio 1787, Emanazione della Costituzione: «Noi, il popolo degli Stati Uniti, al fine di perfezionare la nostra Unione, garantire la giustizia, assicurare la tranquillità all’interno, provvedere alla difesa comune, promuovere il benessere generale, salvaguardare per noi e per i nostri posteri il bene della libertà, poniamo in essere questa Costituzione quale ordinamento per gli Stati Uniti d’America».
Ed al 18 dicembre 1865, giorno della Ratifica del XIII° Emendamento della Costituzione Americana che Abolisce la Schiavitù: «La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione».
Per inciso, l’ultimo Stato a ratificarla è stato il Mississipi, 130 anni dopo, nel 1995. Per la cronaca, gli Usa eleggono il 44° presidente, in realtà è il 43° perché il democratico Grover Cleveland venne eletto due volte non consecutivamente, nel 1885 e nel 1993.
Resta un’altra cambiale in sospeso nella coscienza collettiva a stelle e strisce: quella degli Indiani d’America. Ma questo, è un altro capitolo. Il link per leggere il testo in italiano del discorso di Marthin Luther King: http://www.giovaniemissione.it/testimoni/kingdream.htm
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Ho vissuto qualche mese in America proprio negli ultimi periodi della campagna elettorale di Obama e ho vissuto con partecipazione l'ultima settimana di campagna elettorale e, particolarmente, il giorno delle elezioni. Quando i risultati, già alle 4-5 del pomeriggio, stavano decretando la schiacciante vittoria di Obama, ho vissuto le ultime ore fino alla proclamazione del vincitore come se stessero eleggendo il MIO presidente. Ed è così che lo considero ancora… il MIO presidente. Tornato in Italia, ho trovato i soliti desolanti spettacoli di politici rissosi e inconcludenti, pronti a parlare, a criticare, a gettarsi fango addosso pur di dimostrare di… Leggi il resto »
Dopo il regime, fondato sulla paura, di Bush, il cambiamento richiedeva un personaggio radicalmente diverso.
E' arrivato Obama, ma dalle sue prime considerazioni non mi sembra realmente progressista.
Vedremo se riuscirà ad abolire la pena di morte nel paese che si ritiene baluardo dei diritti umani. Io non mi lascio prendere da facili entusiasmi.