da Sambenedetto Oggi n° 578 del 1° aprile 2005

SECONDA PARTE: ELIANI ALLENATORE E DIRIGENTE DELLA SAMB

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Alberto Eliani è probabilmente l’uomo che più di ogni altro ha scritto la storia della Samb, oltre ad essere l’allenatore che ha totalizzato più presenze sulla panchina della squadra rossoblu, oltre ad averla portata al suo miglior piazzamento nella storia (7° posto in B). Stiamo parlando di un uomo che oggi, ad 83 anni per altro ben portati (è nato a Trieste il 14 gennaio 1922), può davvero essere considerato la memoria storica del calcio sambenedettese: per oltre un ventennio, dal 1960-61 al 1983, nelle vesti di allenatore, direttore sportivo e talent-scout, ha accompagnato la Sambenedettese Calcio in Serie B negli anni Sessanta, ha contribuito a mantenerla dignitosamente in Serie C (girone unico), ed è poi stato co-protagonista delle due promozioni in B firmate da Bergamasco e Sonetti. Ma le radici di Eliani nel calcio affondano ai tempi del Grande Torino: in occasione di tre partite della Nazionale, Eliani fu l’unico giocatore titolare non tesserato con i granata (era della Fiorentina, che si era opposta al suo trasferimento al Grande Toro nonostante le insistenze del presidente Ferruccio Novo: questo salvò al vita ad Eliani perché quella squadra perì nella tragedia aerea di Superga).

Oggi Eliani, che si è stabilito a San Benedetto, segue il calcio in maniera più distaccata, anche se ha provato un po’ di emozione in occasione della gara Samb-Napoli, quando è stato invitato insieme a Paolo Beni a premiare la giovanissima Sara Formentini, vincitrice del concorso “Una mascotte per la Samb”. Eliani era infatti l’allenatore di quella Samb che nel 1961-62 sconfisse il Napoli per 1-0, al Ballarin.

Da giocatore ad allenatore: come avvenne questo passaggio?
«Ero legato al marchese Ridolfi, presidente della Lega Calcio, che mi mandava in giro per l’Europa per studiare i metodi di allenamento degli inglesi e dei francesi. Feci il corso a Coverciano e diventai dipendente della Lega. Allenavo anche una squadretta vicino Roma, la Bomprini Parodi Delfino».
Come avvenne il suo passaggio alla Samb?
«Furono il presidente della Samb di allora, Roncarolo, e il vicepresidente, l’ingegner Gaetani, che si rivolsero alla Lega, che segnalò il mio nome. Mi trovai subito bene a San Benedetto, anche se in tanti anni ho avuto a che fare con dirigenti che nn volevano, o non potevano spendere».
Com’era l’ambiente sportivo sambenedettese negli anni Sessanta?
«Anche se la città era piccola, lo stadio era abbastanza frequentato. Gaetani era una persona all’altezza, era dirigente della Lega Nazionale, ma badavano sempre al bilancio. L’obiettivo, sia quando si era in serie B che in serie C, era di mantenere la categoria, anche se in C spesso si disputavano buoni campionati; la Samb non poteva spendere tanto e bisognava cercare giovani calciatori da lanciare».
Così lei divenne direttore sportivo della Samb.
«Nel secondo periodo da allenatore alla Samb facevo anche il d.s., tanto che in alcune partite lasciavo che allenasse Rivo Spinozzi, mio uomo di fiducia, e io andavo a visionare altri giocatori. Avevo contatti stretti con Tonino Bonetto, direttore sportivo dell’Inter. Divenni presto più un dirigente che un allenatore, perchè facevo vendere i migliori giocatori, permettendo alla Samb di andare avanti».
A lei sono dovute alcune autentiche ‘invenzioni’ tattiche…
«Dovevo fare di necessità virtù! Beni ad esempio era un centravanti che andava così così, e allora lo impostai come libero. Caposciutti era invece il terzo portiere della Fiorentina, ma con uno stratagemma lo feci diventare un centravanti eccezionale. Lo vidi giocare come ala destra ad una gara di allenamento: era velocissimo. Ho sempre apprezzato la velocità perchè non è perfettibile, mentre la tecnica e la tattica si affinano. Chiesi alla Fiorentina Caposciutti, fingendo che ci occorresse un secondo portiere: ce lo regalarono, e invece lo feci giocare centravanti».
Lei è stato un eccezionale talent scout…
«La nostra politica era di prendere i giovani e di venderli. Così in quegli anni tanti giocatori, dopo la Samb, arrivarono in Nazionale. Nacque la leggenda dei portieri della Samb, come Sattolo, Bandini, Tancredi, Tacconi, Zenga. Senza dimenticare Causio, Menichelli, Orlandini, Ripa».
Lei fece arrivar questi giocatori a San Benedetto grazie ad un grande intuito. Cosa ci racconta di Causio?
«C’era un Lecce-Bari in cui giocatori del Lecce scioperarono, e in campo andarono i ragazzini. Causio aveva 16 anni, ma lo vidi giocare in maniera strepitosa e me ne innamorai. Lo pagammo 1 milione e ottocento mila lire in due anni. Quando giocava con noi, tutta Italia mi chiamava per comprarlo. Andò alla Juve perchè Gaetani era tifoso bianconero. Lo pagarono con 40 milioni in contanti, un’amichevole a San Benedetto più Tancredi, Zandoli e Urban. Vendemmo gli ultimi due, un anno dopo, a 50 milioni Zandoli e 150 milioni Urban».
Qual è il ricordo più bello e quello più triste legato alla Samb?
«Di bei ricordi ne ho tanti, soprattutto per il fatto che il Ballarin era, per dimensioni e pubblico, un campo infuocato, che ci permetteva di vincere sfide difficili. Mi chiamavano ‘il re del catenaccio’, ma dovevo difendermi perchè gli avversari eran più forti. Poi, a me piacevano gli attaccanti veloci, e così giocavamo in contropiede. Il ricordo più triste è legato alla morte di Strulli nel derby con l’Ascoli: ma posso assicurare che Caposciutti fece di tutto per evitare il contatto con il portiere bianconero».
Lei poi allenò per un breve periodo il Del Duca Ascoli.

«Pochi mesi: mi contestavano perché venivo da San Benedetto. Era il 1970 e me ne andai presto. Fu l’ultima volta che allenai».
A quali giocatori è affezionato del periodo sambenedettese?
«Cito Beni, Frigerio, Di Francesco. Quest’ultimo aveva una grinta eccezionale, poteva giocare in serie A ma era un po’ pigro, non aveva voglia di allenarsi. S’era poi innamorato di una sambenedettese e preferiva restare qui».
Con due allenatori ha riconquistato la serie B: Bergamasco e Sonetti. Che ricordi ha?
«Di Bergamasco dicevano che beveva. Era un buon bevitore, ma era anche un intenditore de calcio. Sonetti invece era un testardo. Devo dire che Sonetti, nei due anni in B, aveva anche fior di giocatori, e potevamo anche ambire a qualcosa di più».
Sabato scorso è tornato allo stadio per la gara con il Napoli. Si è emozionato?
«La partita mi è piaciuta e mi sono anche emozionato. Il Napoli dietro è una squadra molto quadrata, ma la Samb ha giocato meglio. Sono piccoli di statura e dovrebbero sfruttare meglio le palle a terra. Si vede anche che sono ancora molto giovani».
Chi le è piaciuto nella Samb?
«Il numero 7 (De Rosa ndr.). Se posso dare un consiglio, la Samb deve mescolare giovani calciatori con alcuni più esperti, in modo da non perdere le partite e così nemmeno gli incassi. La Samb deve puntare alla serie B e contemporaneamente legarsi ad acune grandi società per gestire i giovani talenti».
Tornerà a vedere la Samb?
«Con il Chieti vorrei esserci di nuovo, la partita con il Napoli mi è piaciuta».