SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riportiamo di seguito il saluto di Monsignor Gervasio Gestori, vescovo della Diocesi di San Benedetto, Ripatransone e Montalto, in vista delle imminenti festività natalizie.
Carissimi,

ritorna la tradizionale festa del Natale, prevista dal calendario ecclesiastico e civile ed ancora largamente desiderata, dalle famiglie e dai bambini, dai credenti ed anche dai meno praticanti. Ritorna con il suo carico di buoni sentimenti, di scambio di regali, di gesti di bontà, di ritrovo tra parenti, di messaggi augurali. Tutto questo ci aiuta a vivere meglio almeno per qualche tempo, dimenticando i ritmi normali della vita spesso gravosi e mettendo tra parentesi tanti impegni quotidiani non sempre facili.

Mi chiedo tuttavia se il Natale debba essere solo una gradita parentesi o se non sia del tutto riduttivo questo modo di vivere una ricorrenza, che invece domanda molto di più, specialmente a quanti hanno la fortuna di dirsi cristiani e sentono il bisogno di un minimo di coerenza con la fede ricevuta e proclamata.

Il Natale è in parole semplici il compleanno di Gesù, il figlio di Maria nato a Betlemme circa duemila anni fa e da noi creduto Figlio vero di Dio Creatore e Signore. In quella cittadina vicina a Gerusalemme nacque un bambino, che nella povertà della sua esistenza era veramente Dio fatto carne. Accogliere questo non è qualcosa di secondario per la nostra fede, ma è il fondamento del nostro essere: senza questa precisa fede non siamo cristiani. Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria, è il contenuto totalizzante e qualificante il nostro essere veramente suoi discepoli: il Dio invisibile ed eterno diventa visibile e fragile nel corpo tenero di quel bambino, generato da una donna e messo al mondo da Maria come ogni altra madre.

Sorge una domanda: Perché questo? Perché un Dio che si fa uomo? Perché questo incontro tra il Creatore Onnipotente e una fragile creatura in un corpo umano?

Nel Credo diciamo: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo”. Dio si è fatto bambino per noi, perché potessimo diventare uomini nuovi in un mondo rinnovato e perchè potessimo sentirci liberi dal male, capaci di sperare in un futuro certo e positivo e quindi vivere in maniera diversa.

Chi tra noi pensa di vivere bene come sta vivendo ed è contento di quello che è e di quanto fa, può non sentire il bisogno del Natale del Signore. Cioè, chi si sente autosufficiente, chi ritiene di vivere in pace con se stesso, chi pensa che Dio per lui sia cosa inutile, non ha necessità di credere nel Natale. Ma è possibile veramente vivere così? Possiamo fare a meno di credere? Siamo in grado di sperare senza Dio? Ci sentiamo liberi dal male senza alcun riferimento religioso?

In realtà, un mondo senza Dio è un mondo senza speranza, una vita senza il Signore è una vita senza senso, una esistenza senza Gesù è una esistenza spesso invivibile. E’ la fede che ci rende beati e che ci permette di sperare e di vivere. Dio si è fatto uomo per rendere vivibile la nostra vita, anche con i suoi guai, le sue prove, le incomprensioni, le ingiustizie, i nostri peccati, che possono venire perdonati ridonandoci la gioia di vivere sereni.

Dalla fede nel Natale nasce la bellezza e la gioia della vita, comunque essa sia, mentre dalla non accettazione dell’evento di Betlemme derivano la bruttezza del vivere, la mancanza di senso del soffrire, l’impossibilità di sperare. Dio è nato da Maria e si è fatto uomo per aiutarci a vivere, per donarci la gioia della vita, per farci cogliere la bellezza di ogni istante dell’esistenza.

Il Natale di Gesù è cosa stupenda per noi, per ciascuno di noi, per la nostra vita. E quindi giustamente vogliamo festeggiare “alla grande” questa ricorrenza. Se anche mancheranno alcuni gesti esteriori e siamo poveri di cose, quello che conta è la felicità del cuore, è la gioia dell’anima credente, che finalmente può affermare con certezza: il Signore ha pensato a me, ai miei problemi, alle mia debolezze, alle mie incapacità, ai miei peccati, e si è fatto uomo per me, per aiutarmi a fare pace con la mia vita ed ad accogliere tutti i miei giorni con simpatia e con amore.

Così intesa la festa di Natale diventa una ricorrenza umanissima, un bisogno fondamentale, una realtà per la gioia della nostra esistenza, la risposta alle esigenze della vita. Senza Natale non saremmo capaci di vivere bene, da persone libere e nuove. E’ quindi una fortuna anche materiale poter accogliere questa festa nella sua enorme ricchezza religiosa e in tutta la sua portata umana. Guai quindi a ridurre il Natale ad una parentesi, ad una festa come tante altre, ad una ricorrenza anche solo vagamente religiosa. Essa è un evento che tocca la nostra vita personale e le dona significato, coraggio, gioia.

Carissimi,

auguro che questo possa avvenire per tutti voi e che questo rinnovamento tocchi la vita di ciascuno di voi. Auguro che il cammino sinodale della nostra Chiesa diocesana permetta a tutti, sacerdoti, diaconi, religiose, famiglie, giovani, malati, di sentirsi dentro questo evento del Natale e liberamente coinvolti per una vita diversa, libera, bella.

Prego per tutti e di cuore tutti benedico. Buon Natale e felice anno nuovo.

+ Gervasio Gestori

Vescovo