ASCOLI PICENO – Dall’assessore alla Cultura e all’Istruzione della Provincia, Olimpia Gobbi, riceviamo e pubblichiamo.

In qualità di assessore che si trova alla vigilia di una scelta così delicata come quella riguardante la divisione del patrimonio in funzione della nascita delle due nuove Province, sento la necessità di condividere le ragioni della decisione che andiamo ad assumere e il disagio per un clima dai toni accesi e strumentali che si è creato attorno alla questione. Questione che, invece, proprio per la sua complessità e per il quadro di crisi con cui interagisce, richiede pacatezza e spirito di coesione. Vorrei in particolare condividere alcune riflessioni utili a far comprendere quali sono i due scenari che abbiamo di fronte.

Il primo scenario è quello che deriverebbe dalla scelta, che alcuni ci sollecitano, di rimandare a dopo le elezioni ogni decisione sul riparto di beni e personale. Questa opzione, oltre che esporci al rischio di commissariamento, bloccherebbe il processo di costituzione delle due Province?

Sappiamo tutti che non sarà così. Il risultato sarebbe invece quello di dar vita a due Enti in conflitto permanente tra loro, caricati da contenziosi e spese legali, paralizzati da veti reciproci nell’attività amministrativa, anche quella ordinaria. E chi si occuperebbe nei prossimi anni della progettualità necessaria a rispondere alla crisi economica ed occupazionale del Piceno? Crediamo davvero che 33 Comuni, senza il coordinamento forte della Provincia, potrebbero elaborare progetti e ottenere finanziamenti da Regione, Stato e Unione Europea? Bisogna essere ciechi per non capire che questa scelta porterebbe a definitivo compimento il disastroso processo dissolutivo del territorio iniziato con l’approvazione della legge 147/2004.

Il secondo scenario è quello di un’ipotesi di accordo, già approvato in Giunta nelle sue linee di indirizzo, che avrà sicuramente qualche punto debole ma che, se si considera la complessità del problema, rappresenta una soluzione a mio giudizio utile a dare un futuro al territorio. Il quadro generale di quest’accordo è noto da tempo: strade e scuole restano ancorate ai rispettivi territori, a Fermo verrebbero intestati immobili attualmente non utilizzati direttamente dalla Provincia di Ascoli e che resterebbero sedi di organi statali (Archivio di Stato, Provveditorato agli Studi, Caserma dei Vigili del Fuoco di San Benedetto).

A Fermo andrebbero i relativi canoni di locazione ma anche gli oneri di manutenzione. E’ necessario inoltre ricordare che nella partita entrano altre voci, come la divisione degli oneri per i mutui o le quote delle società partecipate. Alla fine, il dato ultimo da ribadire, e che invece viene spesso ad arte sottaciuto, è che l’accordo non prevede passaggio di significative somme di denaro. Chi parla di rimborsi al Fermano per decine di milioni di euro dice il falso. Naturalmente ulteriori elementi di riequilibrio sono sempre possibili, in quanto la partita sui beni va collegata a quella sul personale e, fino alla deliberazione conclusiva, si lavorerà per una soluzione la più possibile equa e di tutela sia per i lavoratori sia per l’ascolano.

Questo secondo scenario, dunque, contempla la nascita di due Enti, comunque deboli perché piccoli, ma in ogni caso in grado di camminare da subito con le proprie gambe. Ascoli potrà così ricominciare a concretizzare quel grande impegno profuso in questi anni per dare risposte reali ai gravi problemi del territorio. Un impegno che ha già consentito di portare a casa risultati straordinari, come i 30 milioni per la riconversione della SGL Carbon in Polo scientifico e tecnologico, e di vederne altri prossimi al traguardo, come il Parco Marino, l’assegnazione dei Fondi FAS per la linea ferroviaria Ascoli – Porto d’Ascoli e dei fondi FERS per i quali è stata sperimentata per la prima volta una vera progettazione integrata, o lo sviluppo di un marketing territoriale innovativo, o l’attuazione delle sperimentazioni di forme alternative di approvvigionamento energetico, e così via.

Questo è dunque il contesto in cui noi, assessori provinciali, siamo chiamati a decidere: si tratta di scegliere se aggravare la crisi strutturale del territorio, con il collasso della nuova Amministrazione provinciale, o comportarci in modo responsabile.

Quest’ultima scelta impone di smetterla di enfatizzare, fino al fanatismo, il tema della divisione dei beni, atteggiamento che nasconde o palesa un vuoto progettuale, che distoglie dai problemi reali del territorio e produce conflitti anziché la coesione necessaria a superare questa fase di particolare difficoltà. Invece occorre ritrovare l’equilibrio per una soluzione che permetta alla nuova provincia di Ascoli di raccogliere attorno a sé le migliori forze politiche e sociali per il rilancio del territorio valorizzando le grandi risorse di cui dispone, dal paesaggio allo sviluppo delle energie alternative, dalle intelligenze dei giovani alle abilità imprenditoriali.