Da Riviera Oggi numero 750

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Nel ciclismo professionistico nessuno è pulito»: un giovane speranzoso e la realtà del ciclismo italiano. Tra pratiche illecite, corruzione, omertà e un fiume di farmaci dopanti, abbiamo raccolto da un giovane (ex) promessa del ciclismo una triste testimonianza.

Qual’è stato il tuo percorso?

«Hpo iniziato a 7 anni, con una formazione marchigiana, per poi passare, negli Junores, a 17 anni, in un’altra squadra delle Marche. Sono poi stato ceduto ad una società del centro Italia, dove sono approdato fra i Dilettanti. Ma adesso la mia bicicletta è lì, ferma nel garage».

Come mai?

«Un ciclista non ha futuro se non ricorre al doping, e io piuttosto che fare uso di certe sostanze ho preferito abbandonare la passione della mia vita. Mi sono reso conto che già negli junores, e sistematicamente fra i Dilettanti, l’uso è quasi sistematico».

Cosa intendi?

«Mi allenavo da un minimo di due ad un massimo di otto ore al giorno, ero una promessa;però compagni meno capaci di me ottenevano piazzamenti migliori. Per le gare che durano tre settimane, ad esempio, è impossibile dare sempre il massimo, eppure alcuni miei compagni non mostravano segni di affaticamento».

Cosa hai visto in particolare?

«Trovavo delle fialette nel bagno che condividevo con i miei compagni, oppure ragazzi che si chiudevano a chiave nelle camere. Durante le gare poi ho visto addirittura compagni di che avevano letteralmente la bava alla bocca e gli occhi “di fuori”. Quando infatti un ciclista che sale sul podio con gli occhialini, non è per proteggersi dal sole ma per nascondere lo stato dei loro occhi».

Puoi fare qualche esempio?

«Io ho corso contro Riccò (fermato per doping al Tour, ndr) che ha sempre avuto valori alti di ematocrito. Un giorno, prima di iniziare la gara si era sentito male, poi ha corso lo stesso 90 chilometri di fuga e il giorno dopo ha vinto la tappa. Quando alla fine della gara gli sono stati fatti i controlli, l’ematocrito era alto».

Cosa assume uno sportivo per “dare di più”?

«Varie sostanze, per endovena, per pasticche o per fiale. Come l’Epo che aumenta i globuli rossi nel sangue, il testosterone che serve ad aumentare la potenza, oppure il gh ormone della crescita maschile, gli ormoni femminili, le anfetamine, l’efedrina, la pseudoefedrina o l’insulina. A volte vengono prescritti anche i medicinali per cavalli. Sono tutte sostanze che possono provocare un domani tumori, ictus o infarti».

Come ci si procura le sostanze vietate?

«Servono contatti con gli ospedali: il medico fa la ricetta per un suo cliente id fiducia, e il ciclista si reca in farmacia a ritirarli, anonimamente. I medici prescrivono certe sostanze perchè prendono i soldi dalle case farmaceutiche. Molti ciclisti invece vanno in Spagna, Egitto e Russia a comprare i prodotti perchè lì riescono a farseli dare dalle farmacie anche senza ricetta».

Da chi vengono pagate?

«A volte è il ragazzo a comprarle di tasca propria, oppure è la squadra stessa a comprare i medicinali vietati».

Non ci sono controlli?

«Vengono aggirati. Se devi fare una gara tra sette giorni e sai, in qualche modo più o meno lecito, che ci sarà un controllo, assumi sostanze che tra sette giorni non risulteranno. Oppure, è possibile scambiare il campione delle urine con quelle di un compagno “pulito” se durante il controllo si elude la sorveglianza del medico. L’unica cosa alla quale non si può sfuggire è il controllo del sangue. Comunque i controlli a sorpresa esistono sempre».

Ti è stato mai chiesto di “doparti”?

«Nessuno mi hai mai chiesto nulla esplicitamente, anche se il direttore sportivo sapeva che i ragazzi facevano ricorso al doping, ma fingeva di non sapere. Può sempre anche succedere che il medico sportivo ti dia medicine e sali anche endovena ma non sempre sai cosa ti sta somministrando. Tutti conoscono l’esitenza di queste situazioni, anche gli stessi cronisti delle gare, quando commentano le prestazioni degli atleti, sanno che sarebbero impossibili senza doping».

Secondo te il doping coinvolge tutto il mondo dello sport?

«Si, solo che nel ciclismo il fenomeno è più evidente perchè non ci sono abbastanza soldi per mettere tutto a tacere, come invece succede nel calcio. Gattuso non si è presentato ad un controllo?Nel ciclismo significava la squalifica per un anno».

Cosa si dovrebbe fare secondo te per combattere il doping?

«Si dovrebbero fare controlli fra i dilettanti, perchè sono i professionisti del futuro, visto che gli stipendi di un ciclista professionista arrivano anche fino a 25 mila euro».

Come sono ora i rapporti con la tua vecchia squadra?

«Fino a ieri continuavano a chiamarmi per gareggiare, ma ho rifiutato e non tornerò indietro perchè tornare nel ciclismo vuol dire scendere a compromessi che non voglio accettare».

La tua famiglia come ha reagito?

«Mi hanno capito ed appoggiato».

Hai dei rimpianti?

«Mi dispiace di non aver potuto dare al ciclismo tutto quello che potevo. Sono molto deluso perchè per 15 anni ho seguito un sogno in cui credevo veramente, andando incontro a sacrifici che pensavo un giorno sarebbero stati ricompensanti. È da un po’ che non tocco più più la bici e ora le gare le vedo in televisione. Mi è stato proposto anche di fare l’allenatore, ma non me la sento di allenare bambini e ragazzi in un mondo del genere».