SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Uno sguardo reale e sincero su Dakar, megalopoli dell’Africa Subsahariana in bilico evolutivo tra culti ancestrali e modernità occidentale.
Il Premio Bizzarri espande i confini dell’occhio della cinepresa per scoprire quelle realtà da cui l’Italia sembra ancora molto lontana. Con uno sguardo di rispetto e senza velleità colonizzatrici, perché il continente africano ha una forte identità culturale, tutta da valorizzare.
A quarant’anni da Contras City, il primo documentario sulla capitale del Senegal girato da un grande regista del cinema africano, Djibril Diop Mambéty, cinque giovani cineasti raccontano la città di oggi. E lo fanno «con grande onestà intellettuale, quella tipica dell’Africa», come sottolinea il direttore artistico Massimo Consorti che ha introdotto la serata insieme al giornalista Vincenzo Maria Oreggia.

Cinque documentari, cinque visioni della stessa storia, ricca di spunti e contrasti: Dakar, Deuk Raw di Mariama Sylla; Dakar, synthaxe urbaine di Arfang Saar-Crao; Dakar, Ville vivante, di Mansour Kébé; DK 2182 di Massaer Dieng; Mbeddu Buur di Moussa Seydi.

La città come “cantiere aperto”, parafrasando lo stesso titolo dell’opera, dove le tradizioni dei Lébous (popolazione costiera che si insediò nella zona nel 1677 fondando la città) e i culti ancestrali sono vivi e permeano l’avanzare del cemento, simbolo di una modernità occidentale che fatica a trovare una giusta dimensione.
A Dakar si cammina sull’asfalto o su strade polverose, il territorio urbano, in continua metamorfosi, è il luogo di nessuno dove coesistono cerimonie private e attività quotidiane, dove i carretti trainati dai cavalli o a mano popolano le vie insieme ai bus e alle auto. Dakar è anche la costa senegalese dove si compiono i riti propiziatori e si getta cibo “umano” agli Dei, dove “il tempo non conta, è elastico come la speranza” (cit. Dakar, Ville Vivante) e le piroghe attendono la notte per un pericoloso viaggio.

Dopo la coproduzione di “Chantier Dakar”, la Fondazione Bizzarri ha preannunciato un nuovo progetto: la costruzione di un centro studi nella capitale africana, per la divulgazione e il recupero delle tradizioni dell’area Subsahariana.

Presenti in sala anche il presidente della Provincia Massimo Rossi che si è soffermato sull’importanza della comunicazione tra realtà differenti ricordando l’ormai prossimo 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti umani (10 dicembre) e l’assessore Margherita Sorge che riconosce nel rispetto di tutte le popolazioni il vero senso della globalizzazione.

Al termine delle proiezioni Vincenzo Maria Oreggia ha dialogato con i registi senegalesi, in collegamento video dalla sede di Image et Vie a Dakar, che hanno spiegato al pubblico in sala le ragioni e le idee alla base delle proprie pellicole.