SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Teatri Invisibili” dalle mille sfaccettature. Un salto, di indubbia qualità, quello di sabato sera, nella sperimentazione, nell’incontro di arti, della parola con la musica e il movimento del corpo, per la rappresentazione della realtà contemporanea, che non sopravvive all’evoluzione del virtuale e dell’omologazione sociale, di cui “il clone” s’innalza a simbolo.
Questo comunica “Displaced Landscapes”, l’opera della Compagnia teatrale torinese ‘O Zoo Nô, con Massimo Giovara, che ha curato anche la regia, e Paola Chiama, danzatrice e coreografa.

Sul palco “nudo”, solo lo schermo di fondo su cui si rincorrono le immagini. La bellezza e il corpo umano che senza preavviso diventa bambola, droide (Paola Chiama) che si muove come uscito dal panorama che cambia continuamente per accennare sorrisi fittizi e adeguarsi diligentemente allo sfondo proposto.
“Displaced Landscapes”, paesaggi rimossi, sostituiti, profughi di se stessi. Territori preceduti e rimpiazzati dai propri modelli di simulazione. L’uomo, il cui doppio viene prodotto sotto forma di corpo acefalo, strumento non in competizione con l’anima. Ma l’uomo conserva il suo essere o viene risucchiato da quei corpi senza ragione?

Poi, dall’angolo esterno una voce nella semioscurità (Massimo Giovara) intona una melodia, “…time is sliding away…”, (il tempo sta scivolando via), per poi lasciare il posto alle parole che si rincorrono come mille discorsi provenienti da altrettanti luoghi diversi, un incrocio di voci e personaggi, ognuno in riflessione sul proprio universo, che ricordando i pensieri percepiti dagli “angeli” di Wenders.

La conclusione. Sulle note del più famoso walzer di Strauss, Paola Chiama ha ipnotizzato la platea in una danza, sostenuta da due stampelle, mentre la sua ombra proiettata sullo sfondo si univa ai paesaggi dispersi, in continuo movimento. La droide, la bambola, la donna, comparsa di se stessa in un mondo virtuale.

Un sentito applauso per il duo torinese. Uno spettacolo non di facile impatto e comprensione, ma originale e ricco di spunti interpretativi.

Esiguo il pubblico in sala, un peccato. Che la Riviera si senta al riparo dal pericolo di perdere la propria identità, nella virtualità dell’omologazione?

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