SAN BENEDETTO DEL TRONTO – E adesso la giunta Gaspari è alla ricerca di nuovi equilibri: se, prima del voto, si temeva che un successo di Sinistra Arcobaleno e Partito Socialista avesse potuto creare dei problemi alla maggioranza, il disastroso risultato delle due liste (escluse dal Parlamento), non può certo rallegrare oltremodo il primo cittadino. Anche perché a San Benedetto il Popolo delle Libertà sopravanza, nel voto alla Camera, il Pd di oltre cinque punti (41,69% contro 36,54%), tanto da far dire a Bruno Gabrielli, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale: «Siamo pronti per tornare al governo cittadino».
Ma se la destra gongola, sono le ferite a sinistra che rischiano di aprirsi ancor di più. I socialisti, già critici prima delle elezioni, sono stati rifiutati dal Pd di Veltroni e ridotti ad un partito bonsai (sotto l’1%, minimo storico). La Sinistra Arcobaleno prende un quarto dei voti rispetto alle precedenti elezioni.
«Non avevamo questo sentore, anche se immaginavamo una contrazione – spiega Daniele Primavera, consigliere di Rifondazione Comunista e candidato alla Camera con la Sinistra Arcobaleno – ma non fino a questo punto, anche perché tutti i sondaggi ci davano a livelli superiori. Evidentemente la battaglia tecnica ma priva di contenuti sul voto utile ha portato molti nostri elettori a votare il Pd, nell’illusione che potesse vincere».
Primavera, però, non si tira indietro dall’autocritica: «Certo, Bertinotti e i dirigenti devono dimettersi, perché abbiamo commesso degli errori, anche se dalla loro bisogna dire che hanno avuto pochissimo tempo per far conoscere simbolo e progetti. Tuttavia vedo un po’ di imbarazzo sia in molti nostri elettori, che hanno scelto il Pd senza immaginare che noi avremmo pagato un prezzo simile (forse, eravamo troppo sicuri del risultato), sia negli stessi politici del Pd, che sanno di non poter rappresentare le istanze del pacifismo, dell’ambientalismo e della giustizia sociale, e si trovano, adesso, con un vuoto alla loro sinistra».
Primavera è molto critico sulla linea di Veltroni: «Non si è alleato con noi e i socialisti per fagocitarci, senza rubare voti al centro: in questo modo ha consegnato il paese a Berlusconi. E non vedo autocritica tra i dirigenti del Pd, ai quali domando: come poteva ottenersi un risultato peggiore di questo? Credo di no. Veltroni dovrebbe dimettersi come Bertinotti e Boselli».
Ma cosa accadrà, adesso, negli enti locali, dove Pd e Sinistra governano assieme? «Non sta a me deciderlo, perché dovremo analizzarlo all’interno dei partiti. Però, certo, se da parte del Pd continuerà la strategia di annullamento della Sinistra, non vedo per quale motivo continuare la nostra alleanza: forse il loro collante è l’antiberlusconismo, mentre noi abbiamo altre esigenze. Devono essere chiari e fare autocritica, altrimenti, ognuno andrà per la sua direzione».
Non passa inosservata una dichiarazione del neo deputato democratico Luciano Agostini; l’ex vicepresidente regionale, riguardo la posizione del presidente della Provincia Massimo Rossi (Rifondazione Comunista) ha dichiarato che «fino al 2009 non deve temere nulla», lasciando intendere che, dopo le elezioni del 2009, il Pd appoggerà altri candidati. Primavera sostiene che «dichiarazioni di questo tipo non aiutano un avvicinamento tra sinistra riformista e radicale, cosa che rappresenta a mio avviso l’unica strada praticabile».
Adesso la palla passa a Gaspari: riuscirà a tenere compatti Rifondazione, Verdi e Socialisti?