SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Perché finanziare petrolieri e società che gestiscono gli inceneritori con fondi pubblici? Se lo chiede Settimio Ferranti, presidente dell’associazione “Dalla parte giusta per la tutela del cittadino”: «Occorre emanare in maniera urgente delle normative che eliminino l’erogazione di incentivi pubblici alle fonti non integralmente rinnovabili (come previsto peraltro dallo stesso programma del governo Prodi), provvedendo a sovvenzionare solamente gli interventi utili ai cittadini ed alle piccole e medie imprese».
Secondo Ferranti «l’Italia è l’unico paese dell’Unione Europea che considera gli scarti di raffineria petrolifera e i rifiuti non biodegradabili come “risorse rinnovabili”», e fa riferimento alla legge numero 909/01 del 1991. «Fin da allora – continua Ferranti – si sono sottratte risorse alle energie rinnovabili per devolvere sovvenzioni ingiustificate a petrolieri e gestori d’impianti d’incenerimento, attribuendo la dicitura di energie “assimilate” alle energie non rinnovabili. La commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati nel 2003 aveva quantificato questa sottrazione virtuale di risorse in circa 30 miliardi di euro, sottrazione che è avvenuta attraverso l’applicazione di un onere nella bolletta Enel per la costruzione di impianti da fonti rinnovabili; senza quest’onere le tariffe elettriche sarebbero più leggere del 7%».
«L’uso improprio di fondi idealmente riservati agli impianti per energia rinnovabile», continua Ferranti, «ha prodotto lo stato di arretratezza in cui si trova attualmente l’Italia. A fine 2002 la diffusione di impianti fotovoltaici era infatti di 0,38 W per abitante in Italia, di 3,37 W per abitante in Germania e di 5 W per abitante in Giappone (oltre 13 volte di più, in un paese molto meno soleggiato); per l’energia eolica, in Germania, nel 2002, il 2,7% dell’energia è stata prodotta col vento, mentre in Italia appena lo 0,4%».
Alcune organizzazioni internazionali, tra cui il Wwf, hanno già chiesto alla Commissione Europea di avviare una procedura d’infrazione a carico dell’Italia». Per questo, conclude Ferranti, «sarebbe necessario ricondurre gli incentivi pubblici agli scopi indicati dalla direttiva europea 2001/77/CE e cioè per sviluppare energia pulita, eliminando le distorsioni che incentivano le fonti fossili, al punto tale che negli ultimi due anni i sussidi alle fonti “assimilate” sono arrivati a 11 miliardi di euro».