SAN BENEDETTO DEL TRONTO – L’inizio della Quaresima per chi è cattolico non può non essere momento di riflessione. A tale riguardo riportiamo il messaggio del Vescovo, monsignor Gervasio Gestori, incentrato sul concetto di carità. Una carità intesa non solo come dono all’altro, ma anche come umiltà di ricevere i doni che gli altri fanno a noi.
«Nella vita di ogni persona che non voglia rinchiudersi egoisticamente in sé stessa, condannandosi al carcere dell’insensibilità e dell’infelicità esiste il dovere di dare e di venire incontro ai bisogni degli altri, che spesso non vogliono “cose”, ma desiderano tempo, pazienza, ascolto, amicizia, condivisione, accoglienza. E questo spesso vale molto di più che non l’offerta di qualcosa, perché viene incontro al bisogno di umanità. Ma oltre a “fare l’elemosina” bisogna vivere l’umiltà di riceverla. Non è forse vero che sentiamo fortemente il bisogno di essere amati? Ma spesso elemosiniamo amore in modo errato, cercando ciò che non è amore ma solo soddisfazione ed egoismo, oppure pretendendo di essere amati, quando in realtà l’amore non può mai venire preteso, perché è dono sublime».
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Vedere la felicità negli occhi dell’altro, in risposta ad un nostro gesto o a delle nostre parole è sempre bello. Fare del bene agli altri dà felicità anche a se stessi.
Per credere questo non bisogna far parte di nessuna chiesa, non occorre credere nei santi o in altre entità metafisiche.
Predicare la carità e la gratuità del dono è encomiabile. Ma imporre la solidarietà ai cittadini è, secondo me, un atto dittatoriale. La chiesa dovebbe vivere di sole offerte.