SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Caro rifiuto, dove ti metto? La crisi campana sta animando una intensa discussione sull’uso della “risorsa” rifiuto. La soluzione sembra decisa: “termovalorizzarli”, ovvero incenerirli e ricavarne energia. Ma la realtà della fisica ci racconta qualcos’altro.

A tal proposito, pubblichiamo un articolo dell’esperto in comunicazione “olistica” Gabriele Bindi, sul rischio di inquinamento derivante dalla termovalorizzazione dei rifiuti. Nei prossimi giorni ascolteremo altri pareri, per avere maggiori informazioni da parte di esperti ambientali e della salute.

Naturalmente i nostri lettori possono intervenire commentando e portando, a loro volta, informazioni utili alla discussione (anche linkando ricerche o studi scientifici di chiara origine).

Buona lettura.


Nulla si crea e nulla si distrugge di Giacomo Bindi

Era proprio bella la favola che i rifiuti potessero essere bruciati e sparire nel nulla. Una storia allettante quanto il fantomatico paese dei balocchi, dove tutto è concesso e dove non esistono conseguenze per le proprie azioni. La realtà sulla terra purtroppo ha delle leggi ferree da cui non possiamo fuggire. La legge fisica infatti recita che “nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
Quei 618 chili annui che ogni italiano butta ogni anno nei cassonetti non possono dunque dissolversi per sempre, ma continuano a pesare e ad essere di ingombro a distanza di anni. Preoccupa che di questi 6 quintali solo 120 chili, secondo i dati di Ecosistema Urbano 2008, vengano riciclati e recuperati. Il resto finisce inesorabilmente in discarica e nelle fauci ingorde degli inceneritori.
Insomma tu li puoi “termovalorizzare” quanto vuoi, i rifiuti però non si distruggono. La combustione li riduce inesorabilmente in ceneri tossiche da recuperare, e fatto ancor più grave produce emissioni preoccupanti di CO2, diossine, furani e polveri sottili. Un esempio su tutti: il celeberrimo inceneritore di Brescia, che ha vinto il premio come impianto migliore del mondo (!), divora quasi 600 mila tonnellate di rifiuti urbani all’anno e vomita 150 mila tonnellate di ceneri classificate come rifiuti pericolosi. Di rifiuto in rifiuto il ciclo continua.

Fabbrica di tumori
La Commissione Europea ha stimato recentemente che in tutta Europa almeno 350 mila decessi all’anno sono causati da polveri ultrafini. Le polveri sottili sono nocive a causa delle loro piccole dimensioni e del fatto che con sé materiali tossici e nocivi residui della combustione, come idrocarburi policiclici, benzene, metalli pesanti e diossine, pericolosi perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi.
In Italia gli studi di Antonietta Gatti e Stefano Montanari della Nanodiagnostic di Modena (Istituto di ricerca sulle nanopatologie) hanno portato all’attenzione nazionale i danni causati sulle nanoparticelle derivate dall’incenerimento dei rifiuti, grazie al megafono degli spettacoli di Beppe Grillo nelle piazze italiane.
La questione degli inceneritori nel corso degli anni ha dato adito a molte controversie, sfociate in numerose lotte politiche locali e tradotte in approssimazioni scientifiche e bagarre ideologiche senza quartiere. Mentre lo studio commissionato dall’ex Ministro Matteoli del 2001-2004 decreteva la tecnologia di termovalorizzazione “affidabile e sostenibile”, a distanza di pochi anni, diversi studi internazionali convergono nell’evidenziare una correlazione tra patologie tumorali e presenza di inceneritori.

È evidente che con la trasformazione degli inceneritori in termovalorizzatori il business dei rifiuti ha assunto i connotati economici rilevanti (quasi 4 milioni di tonnellate di rifiuti bruciati ogni anno con profitto). D’altra parte non è ancora del tutto chiaro quale sia la reale sostenibilità economica dell’industria del rifiuto trasformato in energia. Il business in effetti è maturato in un contesto politico anomalo, che ha esposto l’Italia a vari richiami e a procedure di infrazione. Da oltre un decennio infatti gli inceneritori continuano a beneficiare del famigerato CIP 6, una sottile macchinazione che ha incluso la produzione di energia da incenerimento tra le energie rinnovabili, garantendo incentivi per 3 miliardi di euro annui a centrali che di rinnovabile hanno ben poco.

La Finanziaria 2007 a fronte delle promesse non ha saputo bloccare questo fenomeno. Senza i finanziamenti pubblici gli azionisti del comparto dovendo stare sul mercato si trovano spiazzati. Un segnale incoraggiante possono però trovarlo nell’aumento della quantità di rifiuti procapite annua. Se la raccolta differenziata poi non decolla meglio ancora.

Il sistema ha comunque i piedi d’argilla. Paesi come Germania e Stati Uniti hanno da tempo pensato di fermare gli investimenti negli inceneritori, scegliendo altre soluzioni come il trattamento meccanico dei rifiuti.
Finché il rifiuto non viene concepito come materia da recuperare, ma addirittura si trasforma in combustibile saremo come forzati a produrre ingenti quantità di immondizia. La soluzione maestra resta quella di ridurre la produzione di rifiuti a monte per poi stimolare la raccolta differenziata tramite il porta a porta con sistemi di incentivazione economica. Cominciamo a salvare il rifiuto dall’inceneritore per arrivare alla meta di una società a rifiuti zero. Prendere o rifiutare.