SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Gli Anni Settanta a San Benedetto: un periodo ricco di sfide e contraddizioni. Per questo motivo, sono state molte le persone che hanno assistito alla presentazione del libro “Le vie di Armandino“, della giornalista Maria Teresa Antonelli, sabato 15 dicembre presso l’Auditorium del Palazzo Comunale (tra il pubblico il sindaco Giovanni Gaspari e l’assessore alla Cultura Margherita Sorge). Hanno parlato del periodo storico raccontato nel libro i relatori Paolo Virgili, Renato Novelli e Massimo Rossi.

Ha iniziato con un’introduzione Paolo Virgili dell’Associazione Culturale “Mare Mosso”, editore del libro: «Spero che questo libro sia il primo passo verso altre attività dell’associazione Mare Mosso: con questo progetto abbiamo voluto dare una memoria più estesa poiché la città ricorda quei tempi come negativi, soprattutto dopo il fatto tragico di Roberto Peci. Abbiamo voluto dare un’altra immagine attraverso le interviste con le persone che hanno collaborato alla realizzazione del testo, ma andrebbero approfonditi molti argomenti come le cause della scomparsa di quei movimenti e la successiva comparsa del consumo delle droghe».

«Si è trattato di un periodo di grande fermento culturale e di forte impegno politico – continua Virgili – di cui oggi si registra una drammatica carenza. Non volevamo cadere nella nostalgia e neanche coprire gli errori di allora, ma far conoscere il ruolo che aveva in quei tempi lo spazio della “Rotonda”, che invece oggi ha un aspetto squallido senza nessuna vita sociale».

L’autrice Maria Teresa Antonelli, giornalista originaria di Ravenna, trasferitasi nel 1995 nella nostra città, che però conosceva bene da quarant’anni: «Il mio lavoro è durato un anno: ho cercato di essere molto attenta per l’argomento delicato che andavo a trattare. Il libro è composto di 16 conversazioni, più che interviste, tramite le quali si è formulato un quadro dei dieci anni dal 1970 al 1980 a San Benedetto, con la rielaborazione di un vissuto in cui l’unica nostalgia è rappresentata dalla perdita della “Rotonda”, un luogo di incontri, di tensioni ma anche di tanta libertà».

Non è facile parlare di quegli anni senza ricordare il ’68 e ciò che ha rappresentato come rivoluzione sociale del mondo giovanile: «Noi siamo stati protagonisti di provincia di quella generazione – si è così espresso Renato Novelli, sociologo e docente alla Facoltà di Economia all’Università delle Marche di Ancona, ma anche importante protagonista di quei movimenti – che ha avuto un grande impatto sulla cultura dell’epoca, con la caratteristica fondamentale di essere all’interno di un mutamento della società. Nato come movimento della scuola, si è poi passati a discutere di tutto e soprattutto dei diritti degli operai la cui lotta era esplosa nel ’69. Leggendo il libro si vede una San Benedetto come laboratorio intelligente. Il confronto politico degli esponenti dell’antipolitica ha poi portato alla drammatica evoluzione del movimento nel terrorismo».

Ha concluso gli interventi il Presidente della Provincia Massimo Rossi, che si è espresso più come uno dei protagonisti di allora: «Ho cominciato girando la manovella di un ciclostile, il mio obiettivo è poi stato quello di riconoscere la dignità di ciascuno, dove la socialità, la partecipazione e la condivisione sono importanti per la costruzione di un progetto comune. Ad ogni modo io, di Grottammare, in quegli anni studiavo a Fermo, avevo modo di vedere la situazione sambenedettese da esterno».

«La realtà di Lotta Continua a San Benedetto è stata molto forte – ha continuato Rossi – e si è esperessa una qualità culturale e di impegno che io avevo mitizzato. Ancora oggi, ogni volta che prendo un microfono a San Benedetto, rivivo la difficoltà di essere costantemente giudicato da persone migliori di me. C’è bisogno di un’inversione nel mondo, sono convinto che in fondo le coscienze esistano ancora e mi auguro che San Benedetto sia ancora un luogo di impegno».