Da Riviera Oggi numero 704

MONTEPRANDONE – Una chiesa contestata: alcuni residenti del quartiere San Giacomo, a Centobuchi, hanno ingaggiato una battaglia legale contro la chiesa Regina Pacis e di conseguenza contro il Comune di Monteprandone (chiamando in causa le vecchie amministrazioni dei primi anni Novanta), perché l’edificio religioso sarebbe sorto in una zona prevista a spazio verde attrezzato, ostruendo dunque il panorama delle case del centro residenziale, costruite tra il 1986 e il 1993.

I proprietari infatti erano certi di acquistare uno stabile con vista sul mare: niente future costruzioni a ostruire il panorama ma uno spazio verde attrezzato.
«La zona – ci spiega il proprietario di un appartamento, Daniele Barbieri – è stata espropriata dal Comune e iscritta al catasto come superficie non edificabile, tanto che nella determinazione del prezzo delle nostre abitazioni abbiamo pagato la servitù di veduta. Il problema è sorto alcuni anni dopo, quando il terreno è stato lasciato alla Chiesa che nel 1992 ha inoltrato al Comune un’istanza di licenza edilizia per una costruzione di cemento armato di enormi dimensioni. L’Ufficio Tecnico, contravvenendo a tutte le norme edilizie vigenti nel Comune ha rilasciato il permesso di costruzione».
Le obiezioni presentate dai residenti del quartiere non sono state prese in considerazione e la costruzione è stata avviata. «Le lettere inviate all’amministrazione comunale non hanno trovato risposta, gli ordini di sospensione dei lavori sono stati superati presentando modifiche al progetto iniziale. Ma come è possibile apportare modifiche ad un progetto che non deve esistere?» si chiede Vinicio Paolini, proprietario dell’abitazione che maggiormente risente di questa situazione perchè confinante con la Parrocchia “Regina Pacis”.
«Il Tribunale di Ascoli Piceno nel giugno del 2000 ha incaricato il Consulente Tecnico d’Ufficio di redigere una perizia e nel 2001 il Tribunale ha confermato l’illegittimità e l’illegalità della costruzione della chiesa. Molte sono state le promesse dei sindaci che si sono alternati in questi anni – continua Paolini – prima ci hanno assicurato che la costruzione avrebbe avuto delle dimensioni ridotte, che la zona verde sarebbe comunque rimasta. Poi all’evidenza dei fatti, vista la costruzione enorme in cemento armato e visto il parcheggio che non assomiglia di certo ad una zona verde, ci hanno proposto di spostare le nostre abitazioni. Il Comune avrebbe acquistato le palazzine e in permuta avremmo avuto le nuove costruzioni che stanno sorgendo nel quartiere di Colle Gioioso. A distanza di anni niente di tutto questo si è realizzato: abbiamo solo assistito all’edificazione di una chiesa che è diventata sempre più enorme. La modifica della facciata che ha innalzato ancora di più il fabbricato è stata compiuta con la complicità delle tenebre: pur di terminare la costruzione si è lavorato anche di notte».
La situazione sembra ormai arrivata al limite: «Domenica scorsa il parroco Federico Pompei indignato dalle azioni degli abitanti del quartiere – ci spiega Bruno Todesco anche lui residente nella zona – ha perso il controllo e ha cercato di aggredirmi».

I residenti del quartiere San Giacomo esasperati dalle mancate risposte del comune hanno letteralmente esposto le loro denuncie: cartelloni in compensato con attaccate le fotocopie dei loro atti ufficiali, delle loro lettere di protesta scritte in tutti questi anni. «Un’azione – continua Todesco – legittima perchè i cartelli erano posizionati all’interno di una via privata e non riportavano altro che la verità. Sono intervenuti i vigili, i carabinieri, ma era tutto in regola, non stavamo violando nessuna legge. Piuttosto la legge viene regolarmente violata quando troviamo auto in sosta all’interno della nostra strada privata dove è vietato fermarsi. Durante la funzione domenicale l’affluenza è tale che il parcheggio adiacente alla chiesa diventa insufficiente e le auto vengono lasciate nella nostra strada impedendo a noi residenti di uscire.
La nostra – ci tiene a sottolineare Todesco – non è una battaglia contro la chiesa o il parroco, ci fosse stato un impianto sportivo la reazione sarebbe stata la stessa: vogliamo solo che vengano rispettati i nostri diritti».