SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sembra volgere definitivamente al termine l’avventura del gruppo di Libera Comunanza in contrada Valle del Forno, in una casa colonica di proprietà del Comune occupata abusivamente da alcuni anni. Una villetta in collina che fa parte dell’ingente patrimonio del dottor Pietro Paolo Rambelli, mecenate che alla sua morte ha nominato il Comune come suo erede universale.
Il gruppo di giovani che risiede nell’immobile dovrà andare via in esecuzione di una sentenza emessa dal giudice Marco Bartoli del Tribunale di San Benedetto lo scorso agosto: nel 2003 il sindaco Domenico Martinelli aveva infatti intentato una causa civile per occupazione abusiva.
L’avvocato del Comune Otello Bagalini ha ricevuto l’incarico di percorrere le vie necessarie per l’esecuzione della sentenza. Ci sarà un atto di precetto che intimerà agli occupanti di lasciare il casolare entro dieci giorni dal momento in cui riceveranno l’atto stesso, pena l’arrivo dell’ufficiale giudiziario.
La sentenza del giudice Bartoli infatti è immediatamente esecutiva, ma finora gli occupanti non l’hanno rispettata. In specifico, l’atto di precetto sarà indirizzato a uno dei giovani di Libera Comunanza, una persona a cui l’autorità giudiziaria è risalita dai contratti per la fornitura dell’energia elettrica.
«Speriamo che si trovi un accordo pacifico e bonario fra il Comune e gli occupanti», ci dice l’avvocato Bartoli.
Il Comune ora avrebbe anche diritto a esigere dei danni materiali dagli occupanti, in virtù della mancata disponibilità di un immobile di sua proprietà per un periodo così prolungato.
Ma si tratterebbe di una causa a parte, di cui per il momento ancora non si parla.
Libera Comunanza Occupata è un collettivo di persone che da alcuni anni si è stabilito in quella casa colonica in seguito allo sgombero del centro sociale “Totem & Tabu” di via Tedeschi. Gli occupanti sono cambiati nel corso del tempo, perché il casolare è sempre stato aperto alle frequentazioni esterne e ospitale con molti giovani di passaggio in città.
ll 29 dicembre scorso si era diffusa la falsa notizia sull’imminente sgombero della comunità, in seguito alla quale ci fu anche una riunione dei segretari di partito del centrosinistra. Ma era un equivoco, come chiarito poi in una nota dai ragazzi. In quel foglio appeso sui muri della città si leggeva: «Il sindaco Gaspari afferma che alla collettività verrà restituito un bene, dimostrando la sua indifferenza verso una realtà che da ormai cinque anni tra mille difficoltà anima e custodisce questo bene rendendolo realmente disponibile e aperto».
In realtà non si trattava di una sentenza di un tribunale ma di un’ordinanza del Comune che disponeva il rilascio provvisorio dei terreni attigui alla casa, per permettere agli operai della Snam di fare una manutenzione del vicino metanodotto.