SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ma cosa sta accadendo in Italia? Perché il Vaffa Day di Grillo ha riscosso tanto successo popolare ed è tanto avversato da politici, giornalisti ed intellettuali? Demagogia, antipolitica, volgarità: queste le parole con cui si cercano di sommergere le oltre 300 mila firme raccolte in un solo giorno, l’8 settembre, in centinaia di piazze italiane. Una cifra mostruosa, segno di una partecipazione probabilmente mai ricordata, almeno per intensità, nella storia repubblicana. Ricordando il silenzio colpevole della stragrande maggioranza dei mass-media (prima, non dopo…).

Ma allora questi “grillini” fanno paura? Chissà. Sicuramente il fenomeno in atto è di portata gigantesca e ancora non ben percepita. Di fatto, si tratta di una mina posta ai piedi dell’attuale governo, perché i temi della Generazione V sono quelli abitualmente trattati dal centrosinistra italiano, almeno a parole. E quante parole, prima delle elezioni! Legalità, legge sul conflitto di interesse, abolizione dei privilegi, eccetera eccetera.
Questi cittadini, dipinti da una campagna stampa trasversale come il peggior frutto dell’antipolitica italiana, si stanno invece assumendo in proprio alcune responsabilità. Perché cominciano a dire, e a scrivere sui blog e sui mezzi di comunicazione come il nostro, quello che pensano, e sentono, senza curarsi se le caste e le chiese partitiche di riferimento possano esserne spiazzate. Con un entusiasmo raro, per questi tempi cupi.
Perché hanno dei punti di riferimento intellettuali liberissimi, come Marco Travaglio che, dopo esser stato estromesso dal giro televisivo dall’arci-nemico Berlusconi, non si genuflette di certo al nuovo governo unionista. E questo fa paura: sentite cosa scrive Travaglio in una lettera pubblicata nel blog di Beppe Grillo:

Caro Beppe,
sono trascorsi pochissimi giorni dal V-day, e già bisognerebbe organizzarne un altro. Visto che la nostra classe politica, forse per la sua giovanissima età media, ha i riflessi pronti, la sua reazione allo tsunami di sabato è stata immediata. Veltroni e Prodi hanno piazzato Fabiano Fabiani, un giovanotto di 77 anni, nel consiglio d’amministrazione della Rai al posto del famoso berlusclone Angelo Maria Petroni. Lottizzavano gli altri, ora lottizzano loro: è il bipolarismo.

Fassino, segretario di un partito ormai disciolto, onde evitare di finire sulle panchine dei giardinetti, ha chiesto a Prodi un bel rimpasto di governo per aggiungere un ministero, possibilmente per sé (richiesta che persino Prodi ha giudicato irricevibile, osservando che il suo governo, formato da 103 membri fra ministri, viceministri e sottosegretari, è già il più bulimico della storia repubblicana e andrebbe semmai un tantino ridotto).

Intanto D’Alema e Fassino, sempre per rispondere all’appello della piazza per una giustizia uguale per tutti, si autoassolvono con due “memorie” smemorate sul caso Unipol, chiedendo di fatto alla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera di respingere al mittente la richiesta del gip Clementina Forleo di autorizzare l’uso giudiziario delle loro telefonate con i furbetti del quartierino: quelle che dimostrano la loro partecipazione alla scalata della Bnl da parte dell’Unipol.

I due sostengono di non aver commesso alcun reato, il che rientra nel loro legittimo diritto di difesa. Ma poi si allargano un po’, sostenendo che i reati li ha commessi la Forleo con un’ordinanza “illegittima”, perché ha scritto che D’Alema e il suo fido senatore Latorre hanno commesso aggiotaggio e insider trading senza che la Procura avesse iscritto nessuno dei due sul registro degli indagati: dunque, se sui due non c’è un’inchiesta, non si vede perché autorizzare l’uso delle loro telefonate.

Ma che spiritosi: la legge Boato del 2003 stabilisce che le telefonate intercettate in cui compare la voce di un parlamentare non possono essere usate dai giudici senza il permesso del Parlamento. Dunque la Procura di Milano non poteva indagare i due parlamentari Ds in base a telefonate che, non ancora autorizzate, è come se non esistessero. Per indagarli, ha bisogno di quell’autorizzazione.

Ora D’Alema risponde che l’autorizzazione non va data perché lui non è indagato. Il ragionamento (si fa per dire) ricorda un famoso romanzo umoristico, “Comma 22“, in cui un pilota dell’aeronautica militare si finge pazzo per chiedere l’esonero dai voli di guerra; ma il medico gli spiega che solo i pazzi effettuano i voli di guerra, dunque lui, essendo pazzo, è adattissimo a quelle missioni.
Ps: Tra i difensori di D’Alema compare anche l’avvocato Guido Rossi, lo stesso che, portando alla Procura di Milano una denuncia della banca olandese Abn Amro contro Fiorani, diede l’avvio all’inchiesta sulle scalate.

Ora difende un “indagabile” in quell’inchiesta. Il suo caso ricorda un po’ quello dell’avvocato Taormina, che chiese l’arresto della signora Franzoni per il delitto di Cogne, poi ne divenne il difensore e chiese l’arresto dei giudici che l’avevano arrestata. O il Rossi che difende D’Alema è Taormina travestito?” Marco Travaglio