SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Masaniello inconcludente, seminatore di dittature, blog-predicatore, fautore di una dannosa antipolitica. Davvero Beppe Grillo è tutto questo? Il comico genovese organizzatore dell’oceanico V-Day ha innescato una ridda di commenti e analisi. Tralasciando quelle dei politici, sui quotidiani nazionali si sono potuti leggere pezzi davvero interessanti come quello molto polemico apparso nell’edizione online del quotidiano Repubblica il 12 settembre a firma di Eugenio Scalfari (CLICCA QUI).

Il grande giornalista ha il merito di prendere di petto le proposte di legge sottoscritte da centinaia di migliaia di persone (no alla presenza di condannati in Parlamento, ineleggibilità dopo due legislature, elezione diretta di tutti i candidati) e di contestare le prime due, a torto o a ragione. Fra parentesi, appare condivisibile la contestazione di Scalfari sull’ineleggibilità dopo due candidature; meno l’altra contestazione sui parlamentari condannati. La presunzione d’innocenza stabilita dalla Costituzione infatti non tiene di fronte alle sentenze passate in giudicato, e nel nostro Parlamento di illustri giudicati ce ne sono troppi. Per non parlare della questione morale che dovrebbe allontanare coloro sui quali pende anche solo un sospetto. Parliamo di reati gravi, ovviamente, non di un furto di galline fatto in gioventù, per il quale smussando alcuni angoli si potrebbe anche soprassedere ma solo alla luce di una condotta successiva irreprensibile.
Ma l’aspetto più affascinante della polemica di Scalfari è la questione dell’uomo-massa, del potere dei media sull’assunzione di responsabilità sociali e civili dei loro fruitori e l’analisi sulla nascita delle dittature. Molti in questi giorni hanno parlato di “paura” (interessante l’intervista al fondatore del Censis Giuseppe De Rita su Repubblica del 10 settembre). Paura per una presa di posizione di fronte all’esistente – precariato, politica malata, schizofrenia nell’uso delle fonti energetiche, mancato rispetto dei diritti dei consumatori – che viene liquidata come un’analisi vuota, qualunquista, antipolitica. Sbagliata perché antipolitica; pericolosa perché innalza un “santone” di fronte a una società di coriandoli, a una massa di gente che preferisce delegare la propria parola ad altri.

Non si può nascondere che la leadership e il carisma di una persona possa caricare una folla anche verso gli istinti peggiori, portandola a delegare al leader le proprie individuali assunzioni di responsabilità e il proprio sentire politico. Ma la massa che ha seguito Grillo non può essere considerata solo come una massa di decerebrati; è gente che legge, si documenta, soffre per il proprio lavoro precario o perché costretta a respirare smog e consumare petrolio invece che usare energie alternative.

Di fronte a queste persone non si può agitare il fantasma della dittatura o della deriva populista. Bisogna invece prendere coscienza dei problemi che vengono posti all’attenzione e drizzare le antenne. Altrimenti, per dirla con il Bertinotti del 12 settembre, ce la prendiamo con il dito che indica la luna invece che con il latteo satellite.

E’ antipolitica una richiesta puntuale e precisa di nuove leggi? No, perché è una possibilità prevista dalla legge, non uno scavalcamento dei partiti e del Parlamento. Riunirsi in assemblee nelle piazze è “abbattere la divisione tra governo e governati”? No, anche se non ci sono vessilli partitici. Anche qui si scambiano cause ed effetti: la caduta delle ideologie e quindi del peso dei partiti nella società italiana non è colpa di Beppe Grillo. Al contrario la popolarità del comico genovese è figlia di questo cambiamento epocale. Infine, davvero il “grillismo” nasconde una perversa personalizzazione sotto la sua “esaltazione del potere della Rete”? Grillo è il Masaniello dell’epoca di Internet?

Scalfari dice: «Il blog ha infatti un’intestazione ed è l’intestatario che indica la via, che formula gli slogan, che produce gli spot. E’ lui insomma il padrone di casa che guida e domina l’assemblea». Torna in questa frase un certo pregiudizio sui “grillisti”, connotati come idioti deresponsabilizzati. Mentre molto spesso è gente con spirito critico che legge il blog di Grillo per informarsi, stima il comico genovese ma lo critica quando spara sonore baggianate (succede a tutti).
E poi, ammesso che di antipolitica si tratti, nulla vieta che essa si possa presto convertire in politica, in movimento d’opinione o perché no in partito politico, come spiegato bene da una risposta di Corrado Augias alla lettera di un lettore (Repubblica dell’11 settembre; «l’antipolitica raccoglie un sintomo ma non ha nessuna terapia da proporre fino a quando non diventa essa stessa politica. E’ questo il paradosso»). Magari il superamento del paradosso non avverrà per mano di Grillo, “scettico” verso i partiti, ma per mano di qualcuna delle sue vituperate schegge con i propri personali percorsi civili e culturali. Ma Scalfari preferisce pensare che «l’antipolitica è sempre servita a questo: piazza pulita per il futuro dittatore. Che non sarà certo uno come Grillo».

Qui ci viene in aiuto una bella analisi nel blog di Vittorio Zambardino (CLICCA QUI). «Ora si commette un errore diverso e più ampio: si riconosce ad internet un potere perché uno solo ce l’ha fatta, ignorando la “macchina sociale” che c’è sotto». Un nuovo modo di informarsi, di moltiplicare messaggi positivi e (purtroppo) anche negativi, una comunicazione di massa che per la prima volta dalla sua nascita diventa conversazione, e non solo ascolto unidirezionale.
Qui non ci sono certezze da sventolare. Come dice Zambardino, solo il tempo potrà dire se vincerà l’anima degli individui e la loro capacità critica oppure se il web è una nuova forma di manipolazione.

Staremo a vedere, senza fanatismi ma anche senza disfattismi. E senza fatine dell’informazione forse un po’ invidiose di un comico sopra le righe con tanto potere comunicativo.
Un consiglio infine ai “grillisti”: rompete pure gli schemi, ma senza la sicumera settaria degli eletti che “non possono sbagliare”.